Alla veneranda e scandalosa età di centotrentatré anni, Enrico ha battuto due record: è l’uomo più vecchio del mondo e, proprio per questo, il più odiato. Gli altri nascono, vivono e muoiono. Lui no: continua testardamente a restare in vita. E questo, a quanto pare, è inaccettabile.
Nel romanzo “Verso l’abisso fischiettando”, Marco Presta ci regala una storia surreale e pungente, dove la longevità non è più una conquista, ma una colpa. Enrico, maestro in pensione, attraversa la vita con ironia e ostinazione, tra complotti, nuove nipotine, nude proprietà e amori tardivi. Fischietta. Osserva. Si lascia scivolare addosso la rabbia del mondo, troppo vecchio perfino per preoccuparsi.
La vecchiaia che infastidisce
Il paradosso da cui parte Presta è tanto assurdo quanto credibile: in un mondo che idolatra la giovinezza, invecchiare è quasi un affronto. Come confessa lo stesso Enrico: “La mia colpa è essere vivo. Non l’unica, certo, e neanche la più grave, ma è la sola che la maggioranza dell’umanità non riesca a perdonarmi, a quanto sembra.”
Con questa premessa, il romanzo apre una riflessione tagliente: più invecchi, più diventi invisibile. Più vivi, più dai fastidio. Enrico incarna tutti gli anziani in una società che li elogia a parole, ma li considera in pratica un intralcio. L’uomo più vecchio del mondo è anche l’uomo più solo.
Presta esaspera la realtà fino ai suoi estremi grotteschi, e proprio per questo riesce a farci ridere, pensare e commuovere. Enrico viene trasformato dalla fantasia popolare in un mostro da eliminare: si dice che sia un esperimento sovietico, un androide, o addirittura il figlio del demonio.
Queste ipotesi assurde ci parlano, in realtà, del bisogno di disumanizzare chi è diverso, chi ci mette a disagio, chi rappresenta qualcosa che vorremmo ignorare, come il tempo che passa e il corpo che invecchia.
Il romanzo mostra come la vecchiaia, pur essendo un destino comune, venga trattata come una devianza. E l’anziano come una figura da allontanare, da spiegare in termini patologici, tecnologici o esoterici, purché non lo si guardi negli occhi per davvero.
Eppure, tra le righe, emerge una luce. Enrico non si piega alla disumanizzazione. Fischietta, appunto. Continua a trovare piacere nelle piccole cose. Nonostante tutto.
Come scrive l’autore: “Se la vita continua a piacerci, nonostante i guai che ci procura, dev’essere bella davvero.”
Il suo atteggiamento non è rassegnazione, ma resistenza tranquilla. Il fischiettare del titolo diventa allora una forma di saggezza, un modo per restare umani anche quando il mondo sembra aver dimenticato il significato di questa parola.
“Verso l’abisso fischiettando” ci insegna ad accogliere la fragilità
In un’epoca in cui l’invecchiamento della popolazione è tra le sfide principali delle società occidentali, questo romanzo non offre soluzioni tecniche, ma pone una domanda fondamentale: siamo ancora capaci di accogliere la fragilità, di riconoscere dignità in ogni fase della vita?
“Verso l’abisso fischiettando” non è solo un romanzo divertente e intelligente. È un invito a guardarci allo specchio. A chiederci come trattiamo chi ci sta davanti oggi e, in fondo, chi diventeremo domani.
Abbiamo letto questo libro in occasione del gruppo di lettura di Aging Project, che si incontra online ogni tre mesi per condividere storie capaci di parlare di età, fragilità, cura. Se vuoi partecipare ai prossimi incontri, iscriviti alla nostra newsletter: riceverai aggiornamenti sulle nuove date e sui titoli in programma.
Scheda libro
AUTORE: Marco Presta
TITOLO: Verso l’abisso fischiettando
EDITORE: Einaudi
PAGINE: 200