Il dolore è un campanello d’allarme con la finalità di aiutare (o costringere) ciascuno di noi ad adottare un comportamento di autoprotezione. Viene distinto in dolore acuto, di solito ben localizzato e di durata inferiore ai tre mesi, e dolore cronico, di lunga durata e più difficile da diagnosticare e trattare.

La parola italiana dolore deriva dal latino dolor che indicava l’effetto del soffrire, mentre il corrispondente termine inglese pain deriva dalla parola latina poena (pena, punizione), a sua volta ricavata dal greco poinē (pagamento, pena, ricompensa). Già dall’origine, queste parole esprimono la soggettività di questa sensazione e la difficoltà di riuscire a misurarla oggettivamente.

Per tale motivo, la definizione ufficiale di dolore ha subito molti rimaneggiamenti negli ultimi decenni, fino ad arrivare alla descrizione elaborata dalla IASP (International Association for the Study of Pain) del 1979:

“Il dolore è un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta in rapporto a tale danno”.

Nel 2020 la IASP ha revisionato e aggiornato la definizione di dolore, che adesso recita così: “Un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata o che sembra essere associata con un danno reale o potenziale dei tessuti”. La modifica è stata apportata proprio per evidenziare che non sempre il dolore è realmente associato a un danno del tessuto (specialmente in quello cronico).

Il dolore, infatti, è un fenomeno che presenta molte caratteristiche ancora da chiarire e che continua a essere studiato in numerosi ambiti medico-scientifici: già nel 2018, la IASP aveva associato alla definizione del dolore sei note integrative utili per un migliore inquadramento:

  1. Il dolore è sempre un’esperienza soggettiva che è influenzata in varia misura da fattori biologici, psicologici e sociali.
  2. Dolore e nocicezione sono fenomeni diversi: l’esperienza del dolore non può essere ridotta all’attività nelle vie sensoriali.
  3. Attraverso le loro esperienze di vita, gli individui apprendono il concetto di dolore e le sue applicazioni.
  4. Il resoconto da parte di una persona di un’esperienza come il dolore dovrebbe essere accettato come tale e rispettato.
  5. Sebbene il dolore di solito svolga un ruolo adattativo, può avere effetti negativi sulla funzione e sul benessere sociale e psicologico.
  6. La descrizione verbale è solo uno dei tanti comportamenti per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o non umano provi dolore.

Il concetto è stato spesso sottoposto a revisioni proprio perché si tratta di un’esperienza complessa. Mentre diversi decenni fa il modello più utilizzato per descrivere il dolore era quello di considerarlo solo nella sua componente fisica, cioè la nocicezione (ovvero la via sensoriale che parte dalla periferia del corpo e arriva fino al cervello, segnalando un danno), adesso si considerano anche le componenti psicologiche ed emozionali come parte integrante nell’origine, elaborazione e percezione del segnale dolorifico.

Il dolore, quindi, non è una semplice attivazione di un sensore periferico che invia un segnale d’allarme alla corteccia cerebrale: questo spiega la nota integrativa n. 2 che fa distinzione tra dolore e nocicezione.

La nocicezione, infatti, è una sensazione nociva di base che prima di essere percepita come dolore, deve subire una complessa elaborazione a più livelli.

La costruzione del dolore passa attraverso quattro fasi:

  1. la trasduzione, in cui uno stimolo nocivo meccanico, chimico o termico viene trasformato in un segnale elettrico nervoso;
  2. la trasmissione, in cui il segnale nervoso viene convogliato verso la corteccia cerebrale, ma contemporaneamente viene distribuito a varie aree nervose responsabili delle fasi successive;
  3. la modulazione, in cui il segnale nocicettivo subisce un filtro attraverso meccanismi di amplificazione e/o attenuazione;
  4. la percezione, in cui il segnale nocicettivo diventa dolore con varie sfumature percettive che spaziano dal senso di allerta e pericolo, fino alla sofferenza.

Una volta percepito, il dolore può essere seguito da comportamenti dolore-dipendente ed essere archiviato nella memoria a lungo termine, il che può generare disturbi come ansia, attacchi di panico e stress post-traumatico

Come si può controllare il dolore? 

Esistono trattamenti farmacologici e non-farmacologici. I primi sono più efficaci nelle manifestazioni acute e comprendono i ben noti farmaci antiinfiammatori non-steroidei (FANS) e gli oppiacei (ad es. la morfina).

I trattamenti non-farmacologici possono essere interventi di natura fisica e per lo più richiedono la consapevole e attiva partecipazione del malato al programma terapeutico: l’attività fisica strutturata, ad esempio, ha dimostrato grande efficacia nell’attenuare il dolore cronico; così come alcune medicine complementari come l’agopuntura.

Da qualche anno, poi, si sono affermati nuovi metodi psicologici e comportamentali per la modulazione del dolore cronico. Questi comprendono varie tecniche (distrazione, rilassamento, immaginazione e visualizzazione) che sono in grado di distogliere l’attenzione del soggetto, determinando la rottura del circolo vizioso dolore-ansia-tensione-sofferenza. Il coinvolgimento attivo del soggetto aiuta a rafforzare l’autostima, il senso di fiducia nei trattamenti e il controllo sul dolore.

Oggi, inoltre, la moderna tecnologia e l’enorme diffusione degli smartphone hanno aperto una nuova possibilità: l’uso di app dedicate capaci di guidare i soggetti affetti da dolore cronico nel gestire meglio la propria esperienza, approfondire le conoscenze e imparare a gestire le emozioni correlate al dolore: tristezza, rabbia, preoccupazione, senso di vulnerabilità e senso di precarietà esistenziale.

Con le tecniche non-farmacologiche di supporto si può finalmente realizzare quanto detto dal filosofo Democrito (460 a.C.-360 a.C.), il quale affermava che il dolore può essere eliminato moralmente con il perseguimento dell’euthymìa, ossia della tranquillità e serenità dell’animo.

 

Riferimento bibliografico:

Raja SN, Carr DB, Cohen M, et al. The revised International Association for the Study of Pain definition of pain: concepts, challenges, and compromises. Pain. 2020;161(9):1976-1982. doi:10.1097/j.pain.0000000000001939


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