Riferimento bibiografico

Feter N, Caputo EL, Smith EC, Doring IR, Cassuriaga J, Leite JS et al.. Association between physical activity and subjective memory decline triggered by the COVID-19 pandemic: Findings from the PAMPA cohort. Prev Med. 2021 Apr;145:106415. doi: 10.1016/j.ypmed.2020.106415. Epub 2021 Jan 2.

In sintesi

L’applicazione di rigide pratiche di distanziamento sociale si è rivelata fondamentale nella lotta alla pandemia COVID-19. Tuttavia, questo ha portato a un calo esponenziale dell’attività fisica e a un aumento del distress psicologico. Questo studio si propone di esaminare quanto la pratica di una regolare attività fisica, durante il periodo soggetto alle norme di distanziamento sociale, possa ridurre il rischio di diminuzione della memoria negli adulti. È stato somministrato a tutti i partecipanti allo studio un questionario, con domande inerenti sia l’attività fisica sia la memoria auto-valutata, diviso in due parti: una prima riguardante il periodo prima e una inerente al periodo dopo il distanziamento sociale. Il 30% dei soggetti riportava un calo della memoria durante questo periodo, inoltre chi aveva iniziato a praticare attività fisica o chi aveva continuato a condurla aveva un rischio minore rispetto agli inattivi (rispettivamente Prevalence Ratio di 0.56 e 0.68).

Il contesto e il punto di partenza

La rapida diffusione dell’infezione da virus SarsCov2 ha portato i governi delle varie nazioni a istituire diverse misure restrittive di distanziamento sociale che hanno portato a una diminuzione dell’incidenza del virus nella popolazione. Tuttavia, queste misure hanno generato un aumento della prevalenza dei casi di ansia, depressione, disturbi del sonno e autolesionismo. Questo elevato impatto sulla salute mentale ha portato a un aumento di problemi legati alla memoria nella popolazione, tuttavia non è ancora del tutto chiara la relazione tra il calo mnemonico e la depressione, anche se sembra che possano essere ognuno causa e conseguenza dell’altro. Inoltre, ci sono numerose evidenze in letteratura che l’attività fisica possa promuovere meccanismi neuroprotettivi. È chiaro quindi come il fatto di non permettere alle persone di uscire di casa durante la pandemia abbia portato a un calo delle possibilità di eseguire attività fisica con tutte le conseguenze sopra riportate.

Le caratteristiche dello studio

Si tratta di uno studio di coorte in cui la popolazione in esame è quella della cosiddetta PAMPA cohort (prospective study about mental and phisical health), ovvero un gruppo di persone volontarie di età compresa tra i 18 e i 64 anni reclutate tramite i media locali e i social media tra giugno e luglio 2020. I partecipanti, 2.314 in totale, erano per il 75% donne, con età media di 38,2 anni e di etnia bianca per il 90%. Il livello culturale era buono, infatti il 67% aveva un diploma universitario.

A questa popolazione sono stati somministrati dei questionari on line (Google sheets) prima e dopo il distanziamento sociale per valutare l’impatto della pandemia sulla memoria e sull’attività fisica. La prima parte del questionario raccoglieva informazioni su età, sesso, etnia, stato coniugale, livello di istruzione, impatto del distanziamento sul reddito e indice di massa corporea. Sono state poi poste le domande inerenti la memoria soggettiva e l’attività fisica. Le risposte relative a quest’ultimo argomento sono state classificate secondo le linee guida dell’OMS. Infine, è stata somministrata la scala Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) che, tramite varie domande, permette di capire se l persona sia a rischio di disturbi d’ansia o depressivi.

I risultati ottenuti

Il 35% delle persone intervistate ha manifestato sintomi di depressione, mentre il 51,3% ha presentato ansia, il 30% ha invece mostrato un decadimento della memoria soggettiva e tra queste la maggior parte erano giovani donne che vivevano da sole senza un partner. Tra i fattori che maggiormente predispongono al decadimento cognitivo troviamo anche l’essere affetto da una malattia cronica, l’avere uno stato mentale già condizionato, le difficoltà economiche e l’assenza di attività fisica. Le persone che hanno sviluppato un declino cognitivo durante il periodo di distanziamento hanno avuto una percentuale maggiore di sintomi ansioso-depressivi rispetto a chi non ne è stato affetto.
Un partecipante su 4 è diventato inattivo fisicamente durante il lockdown, questi avevano la stessa probabilità di avere un declino delle capacità cognitive rispetto a chi era già inattivo prima del distanziamento. Viceversa, chi ha mantenuto un adeguato livello di attività fisica ha ridotto la probabilità di essere affetto da decadimento cognitivo.

Limiti dello studio

Tra i limiti di questo studio possiamo vedere come la coorte sia stata analizzata nei mesi di giugno e luglio del 2020 quando ancora la pandemia era iniziata da pochi mesi e con effetti ancora iniziali.
Un’altra limitazione è quella relativa alla scarsa conoscenza delle situazioni personali delle varie persone, infatti non possiamo sapere se ci siano altri fattori nella loro vita che possano aver causato ansia o depressione.
Infine, il declino cognitivo è stato valutato solamente in base a delle domande soggettive e non mediante un approccio clinico oggettivo fatto anche con esami strumentali.

Quale la novità

Lo studio evidenzia come il distanziamento sociale sia una possibile causa di decadimento cognitivo e di stati depressivi o ansiosi. L’attività fisica si propone come un importante arma di prevenzione di queste condizioni sia nel caso in cui si iniziava a praticarla in questo delicato periodo sia se veniva svolta già precedentemente.

Quali le prospettive

Dl momento che le palestre, le piscine e i centri sportivi sono attualmente chiusi a causa della pandemia, le prospettive riguardano l’implementazione di iniziative che possano garantire alle persone di mantenere o iniziare a svolgere attività fisica anche a casa. Questo potrebbe avvenire tramite piattaforme on-line che possano portare le persone ad avere esempi di esercizi, da svolgere a casa, mostrati da una persona competente nel settore e che sia in grado di guidare periodicamente l’utente fornendogli le indicazioni necessarie.

A cura di Daniele Ceriotti e Giuseppina Seminara


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