Riferimento bibliografico

Borgogna, C., Bruna, R. et al. Patterns of neutralizing humoral response to SARS-CoV-2 infection among hematologic malignancy patients reveal a robust immune response in anti-cancer therapy-naive patients. Blood Cancer J. 12, 8 (2022). https://doi.org/10.1038/s41408-022-00608-6

In sintesi

In questo studio è stata valutata la risposta anticorpale diretta contro SARS-CoV-2 in una coorte di circa 200 pazienti con tumori ematologici dopo l’infezione da coronavirus. I risultati ottenuti confermano che in questi pazienti fragili la risposta immunitaria è ridotta rispetto ai soggetti sani. Comunque, la ricerca ha permesso di evidenziare che i pazienti che non erano in trattamento con farmaci anti-neoplastici durante l’infezione hanno sviluppato una risposta immunitaria più robusta e duratura nel tempo rispetto a quelli in terapia. La comprensione della risposta anticorpale contro SARS-CoV-2 nei pazienti con tumori ematologici, una popolazione estremamente fragile che presenta una serie di alterazioni immunologiche legate sia alla malattia neoplastica sia ai trattamenti, risulta fondamentale per indirizzare le strategie di vaccinazione.

Il contesto e il punto di partenza

Uno degli aspetti più problematici della pandemia ancora in corso è la gestione dei pazienti definiti a rischio, cioè quelli che presentano disfunzioni del sistema immunitario, ad esempio a causa di malattie tumorali, come nel caso dei pazienti analizzati in questo studio. La presenza di una malattia neoplastica, infatti, può alterare in modo significativo la reazione immunitaria della persona che ne è colpita e di conseguenza abbassare l’efficacia dei vaccini, oltre che aggravare il quadro clinico delle infezioni e quindi anche di COVID-19. In questo contesto risultano di primaria importanza le indagini indirizzate alla caratterizzazione della risposta immunitaria nei soggetti fragili in risposta all’infezione naturale e alla vaccinazione: l’obiettivo di questi studi è quello di sviluppare strategie vaccinali personalizzate per queste categorie di pazienti.

Le caratteristiche dello studio

In questo studio, tramite l’utilizzo del saggio di neutralizzazione in vitro, è stata valutata l’attività anti-SARS-CoV-2 nel siero di 189 pazienti con tumori ematologici infettati dal virus. Lo studio è stato fatto in collaborazione con le cliniche ematologiche degli ospedali di Novara, Cuneo e Alessandria, alle quali afferiscono i pazienti reclutati. Lo studio era finalizzato alla quantificazione nel siero del livello di anticorpi neutralizzanti contro il SARS-CoV-2, ovvero quelli funzionalmente in grado di bloccare l’entrata del virus nelle cellule (definiti anticorpi neutralizzanti l’infezione). Nello specifico, è stato messo a punto un sistema automatizzato per la valutazione della risposta immunitaria post-infezione naturale da SARS-CoV-2 o in risposta alla vaccinazione. Brevemente, il saggio di neutralizzazione consiste in un test di infezione su colture cellulari che utilizza un virus non patogeno sviluppato dalla Washington University, modificato geneticamente per esprimere sulla sua superficie la proteina Spike del SARS-CoV-2. Con questo virus si possono fare test di infezione con estrema facilità e riproducibilità, altrimenti non possibili con il virus SARS-CoV-2.

I risultati

I risultati ottenuti hanno messo in luce l’estrema eterogeneità nella risposta immunitaria dei pazienti ematologici in risposta all’infezione da SARS-CoV-2, con evidenti stratificazioni legate alla tipologia e alla fase della malattia neoplastica. In particolare, lo studio evidenzia che i pazienti che non assumevano terapia antineoplastica, in quanto non in fase attiva di malattia, durante l’infezione da SARS-CoV-2 hanno sviluppato una risposta immunitaria molto più forte e protettiva in termini di anticorpi neutralizzanti rispetto ai pazienti in terapia.

Quali prospettive

I vaccini sono protettivi per tutti ma non a tutti devono essere somministrate le medesime dosi e con la stessa frequenza. Le persone fragili, quelle ad esempio con malattie tumorali, potrebbero aver bisogno di strategie vaccinali personalizzate tenendo anche conto dei farmaci che assumono. In questo studio è stato evidenziato proprio questo aspetto; la somministrazione del vaccino in pazienti che non stanno assumendo la terapia anti-neoplastica potrebbe infatti incrementare l’efficacia del vaccino. L’approfondimento e la validazione dei risultati di questo studio su coorti più ampie, comprendenti anche altre categorie di pazienti fragili, permetterà lo sviluppo di strategie vaccinali personalizzate, anche in termini di tempistiche di somministrazione del vaccino rispetto alla fase della malattia o della terapia somministrata e aumenterà la possibilità concreta di potenziali avanzamenti nella gestione della pandemia nelle categorie di soggetti più vulnerabili.

A cura di Irene Lo Cigno


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