Riferimento bibliografico

Wu JW, Yaqub A, Ma Y, Koudstaal W, Hofman A, Ikram MA, Ghanbari M, Goudsmit J. Biological age in healthy elderly predicts aging-related diseases including dementia. Sci Rep. 2021 Aug 5;11(1):15929. doi: 10.1038/s41598-021-95425-5. PMID: 34354164; PMCID: PMC8342513.

In sintesi

L’utilizzo dell’età biologica anziché cronologica come misura dello stato di salute di un individuo offre nuove prospettive sulla possibilità di estendere la durata e la qualità della vita. Negli ultimi anni molti autori hanno proposto diversi algoritmi per stimare l’età biologica ma trasferire alla pratica corrente questa informazione rappresenta ancora oggi una sfida aperta. I ricercatori del dipartimento di Epidemiologia dell’Università di Harvard (Boston, Stati Uniti) e di Rotterdam (Paesi Bassi) hanno sviluppato due algoritmi col fine di predire mediante l’età biologica le patologie correlate all’invecchiamento (tra cui la demenza). 

I due algoritmi sviluppati, BioAge1 e BioAge2, richiedono come input l’età cronologica e 10 valori ematici. Essi differiscono solo per la presenza, in BioAge2, del valore ematico di catena leggera di neurofilamento (NfL), un marker di neurodegenerazione, ed entrambi restituiscono un valore di età biologica. La capacità predittiva riguardo mortalità e patologie correlate all’invecchiamento di questi due algoritmi è stata testata su un campione di 1930 individui sani con età media 72 anni seguiti per un periodo di follow up medio di 7 anni.

Gli autori riportano un buon risultato dei due algoritmi nel predire la mortalità e la morbilità. Questo studio apre le porte all’utilizzo routinario di algoritmi che mirano alla stima dell’età biologica; a sua volta questa potrebbe essere utilizzata in futuro per identificare precocemente pazienti predisposti allo sviluppo di varie patologie correlate all’invecchiamento, così da poter sviluppare strategie preventive mirate.

Il contesto e il punto di partenza

Il ritmo di invecchiamento varia da persona a persona. Diversi autori negli ultimi anni hanno proposto sistemi per stimare la discrepanza tra età cronologica e biologica a partire da determinati parametri (definiti biomarkers). Lo studio dell’età biologica può aiutare a identificare gli individui a più alto rischio di malattia e di morte prima di manifestazioni cliniche evidenti. Questa possibilità di riconoscimento precoce potrebbe essere utile per sviluppare interventi preventivi mirati

Le caratteristiche dello studio

Gli autori hanno esaminato i partecipanti del “Rotterdam Study”, uno studio di coorte prospettico iniziato nel 1990. Questo studio ha reclutato 1930 individui sani con un’età media di 72 anni osservati un periodo medio di follow-up di 7 anni. A partire dall’algoritmo PhenoAge sviluppato da Levine nel 2018, gli autori hanno sviluppato due algoritmi di età biologica, BioAge1 e BioAge2. I parametri di input comuni ad entrambi sono l’età cronologica e 10 valori ematici (albumina, creatinina, glicemia, PCR, numero di linfociti in percentuale, MCV, RDW, fosfatasi alcalina e numero assoluto di leucociti). BioAge2 si differenzia per l’aggiunta del livello ematico della catena leggera del neurofilamento (indice neurodegenerativo). Questi algoritmi sono stati validati sui partecipanti del “Rotterdam Study”. Gli autori hanno poi applicato modelli statistici univariati e multivariati per predire tassi di mortalità e patologie correlate all’invecchiamento.

I risultati ottenuti

I due algoritmi mostrano un buon risultato nel predire la mortalità e la morbilità: secondo il modello statistico applicato ogni incremento di 1 anno in BioAge1/BioAge2 è associato con un rischio aumentato dell’11% di mortalità (HR 1.11; 95%CI 1.08-1.14; p<0.0001) e del 7% di prima morbilità (HR 1.07; 95%CI 1.05-1.09). In particolare, ogni incremento di 1 anno in BioAge1 è associato ad un aumento di rischio del 3% di demenza (HR 1.03; 95%CI 1.00-1.06; p=0.08). Per BioAge2 ogni aumento di 1 anno si traduce in un aumentato rischio di demenza del 5% (HR 1.05; 95%CI 1.02-1.08; p=0.001). BioAge1 è anche un buon predittore di cancro (HR 1.04 95%CI 1.02-1.06), malattia cardiovascolare cronica (HR 1.04; 95%CI 1.01-1.08), diabete (HR 1.09; 95%CI 1.05-1.12), stroke (HR 1.10; 95%CI 1.06-1.14) e BPCO (HR 1.06; 95%CI 1.03-1.09).

Limiti dello studio

Sono stati utilizzati solo pazienti provenienti dal “Rotterdam study”, quindi i risultati potrebbero non essere pienamente generalizzabili. Inoltre, l’assunzione di linearità tra età biologica e rischio di patologie correlate all’invecchiamento, potrebbe non essere rappresentativa della realtà. Infine, gli autori sottolineano come i risultati debbano essere interpretati ancora con cautela: l’associazione trovata non implica causalità, che rimane da confermare con ulteriori studi.

Quali le novità

Questo studio ha introdotto la possibilità di un utilizzo pratico del calcolo dell’età biologica.

Prospettive future

L’implementazione e validazione di questi algoritmi potrebbe portare, in un futuro prossimo, ad un utilizzo routinario degli stessi al fine di intercettare precocemente patologie correlate all’invecchiamento, tra cui la demenza. Questo porterebbe alla possibilità di individuare i soggetti a rischio, sui quali intervenire con strategie mirate di prevenzione. 

 

A cura di:

Osvaldo Milicia
Matteo Ratti
Riccardo Rescinito

Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva

 

Fonti:

Levine et al. An epigenetic biomarker of aging for lifespan and healthspan; Aging, 2018, Apr 18;10(4):573-591


Iscriviti alla Newsletter

* Richiesti

Scegli la newsletter

Consenso all’utilizzo dei datiAging Project userà le informazioni che fornisci al solo scopo di inviarti la newsletter richiesta.

Puoi annullare l'iscrizione in qualsiasi momento cliccando sul link che trovi nel footer dell'email. Per informazioni sulla Privacy Policy clicca qui.

Cliccando su "Acconsenti", accetti anche che le tue informazioni saiano trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Ulteriori informazioni sulle privacy di Mailchimp qui