Riferimento bibliografico

George EL, Hall DE, Youk A, et al. Association Between Patient Frailty and Postoperative Mortality Across Multiple Noncardiac Surgical Specialties. JAMA Surg. 2021 Jan 1;156(1):e205152. doi: 10.1001/jamasurg.2020.5152. Epub 2021 Jan 13. PMID: 33206156; PMCID: PMC7675216.

In sintesi

Questo studio di coorte condotto su due grandi database di popolazione americani ha valutato l’esistenza di una correlazione tra lo stato di fragilità e la mortalità post-operatoria dopo differenti interventi chirurgici in nove specialità. Sebbene il numero di pazienti fragili e la gravità stessa della fragilità variasse in modo significativo tra le nove specialità, lo stato di fragilità si è dimostrato un fattore di rischio di mortalità post-operatoria a 30 e 180 giorni all’interno di tutte le specialità, indipendentemente dallo stress operatorio (basso vs moderato vs alto) dei singoli interventi considerati. 

 

Contesto e punto di partenza

La fragilità è uno stato di vulnerabilità e di diminuzione delle riserve del paziente per affrontare uno stress esterno (es. intervento chirurgico). La fragilità è sempre più riconosciuta come importante fattore di rischio per outcome post-operatori sfavorevoli. Diversi studi hanno dimostrato come pazienti fragili sottoposti a interventi di chirurgia maggiore, come ad esempio chirurgia toraco-polmonare, chirurgia cardiaca, chirurgia epato-bilio-pancreatica e chirurgia vescicale, siano soggetti a più alti tassi di complicanze post-operatorie e di mortalità peri-operatoria. Partendo da questi dati, lo stato di fragilità dovrebbe essere valutato come parametro pre-operatorio in tutti i pazienti.

Tuttavia, molti dubbi restano sull’uso della fragilità come tool di screening pre-operatorio in pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia minore, chirurgia ambulatoriale o più in generale a chirurgia a basso rischio. 

In questo studio, gli autori testano il valore predittivo di un modello di fragilità denominato Risk Analysis Index (RAI, indice di analisi del rischio), in grado di stimare correttamente la fragilità del paziente, esaminando all’interno di nove specialità chirurgiche differenti procedure con diversi livelli di stress e rischio peri-operatorio.

 

Le caratteristiche dello studio

Gli autori hanno valutato i dati da due database americani, l’American College of Surgeons National Surgical Quality Improvement Program (NSQIP) e il Veterans Affairs Surgical Quality Improvement Program (VASQIP). Sono stati inclusi tutti i pazienti di 18 anni o più, sottoposti a un qualsiasi intervento chirurgico di chirurgia generale, ginecologica, neurologica, ortopedica, plastica, urologica, otorinolaringoiatrica, toracica e vascolare, eseguiti tra gennaio 2010 e dicembre 2014. 

Lo stato di fragilità è stato valutato con il Risk Analysis Index (RAI). Sulla base di questo, i pazienti sono stati divisi in quattro diverse classi: robusti (RAI ≤20), normali (21-29), fragili (30-39), e molto fragili (≥40). Le diverse procedure chirurgiche sono state valutate in termini di stress perioperario con l’Operative Stress Score (OSS, score di stress operatorio) e divise in tre categorie: stress basso (OSS 1-2), moderato (OSS 3) e alto (OSS 4-5).

 

I risultati ottenuti

Nello studio sono stati inclusi circa 2.7 milioni di pazienti, la maggior parte dei quali estratti dal database NSQIP. Complessivamente, la mortalità post-operatoria a 30 e 180 giorni è stata rispettivamente del 1.2% e 3.4%. La distribuzione dello stato di fragilità e dello score di stress operatorio variavano tra le diverse specialità. Tuttavia, i pattern di mortalità post-operatoria erano molto simili per le specialità a basso, moderato o alto stress. Infatti, la fragilità si è dimostrata un fattore di rischio indipendente di mortalità post-operatoria a 30 e 180 giorni

 

Quali le novità

Questo studio dimostra che lo stato di fragilità predispone i pazienti a un rischio di mortalità peri-operatoria più elevata, indipendentemente dal rischio e dallo stress legati alla procedura a cui il paziente è sottoposto.

 

Quali i limiti

Tra i limiti dello studio, bisogna anzitutto segnalare l’utilizzo di database di popolazione, che se da un lato permettono di analizzare dati su grandi numeri, dall’altro non permettono di analizzare dati granulari che sarebbero invece disponibili in database istituzionali. Oltretutto, in questi database non viene posta differenza tra mortalità per qualsiasi causa e mortalità direttamente legata alla procedura chirurgica. Tuttavia, la consapevolezza del rischio di mortalità per qualsiasi causa è fondamentale nel counselling pre-operatorio del paziente, soprattutto all’interno di una popolazione fragile che potrebbe non avvantaggiarsi dei benefici attesi dall’intervento chirurgico. 

 

Quali le prospettive

Questo studio sottolinea come la valutazione dello stato di fragilità debba essere eseguita di routine prima di qualsiasi intervento chirurgico, indipendentemente dai potenziali rischi ad esso correlato. Questo aiuterebbe il chirurgo a stratificare correttamente i pazienti e a informare il paziente fragile circa gli aumentati rischi peri-operatori, anche in caso di procedure minori, bilanciando i rischi e i benefici attesi. In aggiunta, l’identificazione dei pazienti fragili permetterebbe una riduzione dei costi e una ottimizzazione delle risorse

A cura di Carlotta Palumbo


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