Riferimento bibliografico

Malik AH, Yandrapalli S, ET AL. Meta-Analysis of Direct-Acting Oral Anticoagulants Compared With Warfarin in Patients >75 Years of Age. Am J Cardiol. 2019;123(12):2051-2057. doi:10.1016/j.amjcard.2019.02.060

 

In sintesi

Uno studio pubblicato su American Journal of Cardiology ha mostrato che negli anziani affetti da fibrillazione atriale la terapia con i nuovi farmaci anticoagulanti orali (NAO detti anche DOAC) ha una efficacia superiore rispetto alla terapia anticoagulante standard (TAO) a base di warfarin nel ridurre l’ictus (e anche in generale l’embolizzazione sistemica). Per di più i DOAC, oltre che efficaci, dimostrano anche un buon profilo di sicurezza: infatti, rispetto alla TAO hanno un tasso di sanguinamenti maggiori simile, ma significativamente più basso per quanto riguarda la complicanza più temibile (vale a dire l’emorragia intracranica).

 

Il contesto e il punto di partenza

Sappiamo che:

  • La fibrillazione atriale (FA) è una patologia frequente della popolazione anziana. In questi soggetti si tratta infatti della più comune aritmia (vale a dire presenza di ritmo cardiaco irregolare): ne è affetto il 10% delle persone al sopra i 75 anni di età;
  • L’FA convenzionalmente si divide in valvolare o non valvolare. Non esiste una definizione soddisfacente o uniforme di questi due termini. Il termine FA valvolare è legato alla malattia valvolare reumatica (prevalentemente stenosi mitralica) oppure alla presenza di protesi valvolari cardiache meccaniche, in tutti gli altri casi si ricadrà appunto nella molto più comune condizione di FA non valvolare (FANV);
  • Tutti i tipi di FA si associano a un rischio di ictus cerebrale di circa cinque volte in più rispetto a chi non la presenta e, per questo motivo, è fondamentale adottare delle corrette strategie di prevenzione del rischio trombo‐embolico, il cui cardine è rappresentato dalla terapia anticoagulante orale;
  • Fino alla scoperta qualche anno fa dei NAO, gli unici farmaci disponibili per il trattamento anticoagulante dei pazienti con FA erano i farmaci antagonisti della vitamina K (cosiddetta TAO, di cui il warfarin è il capostipite) i quali, nonostante le limitazioni connesse alla farmacocinetica, biodisponibilità e mantenimento di range terapeutico, hanno rappresentato i farmaci di riferimento;
  • Negli ultimi anni, la gamma di possibili strategie terapeutiche si è notevolmente rafforzata grazie all’aggiunta dei NAO: essi hanno meccanismi d’azione del tutto differenti dalla TAO e hanno dimostrato una buona efficacia e sicurezza, per lo meno nell’ambito della FANV. Finora non era stato però possibile estrapolare i risultati dei trial clinici randomizzati a tutti i pazienti del mondo reale, con particolar riferimento al sottogruppo dei pazienti anziani.

 

Le caratteristiche dello studio

All’interno di 5 studi randomizzati e controllati che avevano l’obiettivo di confrontare tra di loro le terapie a base di NAO (4 i farmaci valutati: apixaban, dabigatran, rivaroxaban, edoxaban) o warfarin nell’ambito della prevenzione della malattia trombo‐embolica da FANV, questa metanalisi si è concentrata sui soli pazienti anziani (in questo caso definiti come di età maggiore di 75 anni). Gli oltre 28.000 soggetti reclutati sono stati analizzati, per ciascuna delle due tipologie di regime terapeutico, sia per quanto riguarda l’efficacia (definita dalla riduzione di ictus ed embolie sistemiche) che la sicurezza (definita dalla prevalenza di eventi emorragici maggiori e/o di emorragia cerebrale).

 

I risultati ottenuti

Il trattamento con i nuovi farmaci anticoagulanti orali seguito dai partecipanti con FANV è stato associato a un miglior rapporto rischi/benefici rispetto al warfarin, in particolare:

  • i NAO come gruppo hanno un’efficacia superiore rispetto al warfarin nel ridurre l’ictus o l’embolizzazione sistemica (rapporto di rischio HR 0.76, intervallo di confidenza al 95% 0.67-0.86, p <0.01);
  • Il tasso globale di sanguinamenti maggiori era simile tra NAO e TAO, ma vi erano molte meno emorragie intracraniche nei pazienti randomizzati a un NAO (HR 0.48, intervallo di confidenza al 95% 0.34-0.67, p <0.01) con l’unica eccezione del rivaroxaban;
  • apixaban è stato l’unico NAO a ridurre in maniera significativa rispetto al warfarin tutti e tre i principali eventi sfavorevoli testati nello studio (cioè embolizzazione sistemica, sanguinamento maggiore ed emorragia intracranica), rispettivamente del 29%, 36% e 66%.

Riassumendo, nuovi farmaci anticoagulanti orali sono risultati più sicuri ed efficaci della terapia tradizionale con warfarin per il trattamento delle FANV nel sottogruppo di pazienti più anziani. Pur trattandosi di un effetto di classe, tra i NAO apixaban è il farmaco che sembra fornire la migliore combinazione di efficacia e sicurezza in questa popolazione.

 

Limiti dello studio

Il limite principale di questo studio è l’assenza di trials con confronti testa a testa tra i diversi NAO, quindi tutti i confronti tra di loro non possono che essere indiretti (ma va comunque tenuto conto che è estremamente improbabile che simili confronti diretti vengano fatti in un prossimo futuro). 

Altre possibili limitazioni che impongono cautela nel confronto tra i vari studi sono:

  • il fatto che uno dei trial inclusi nella metanalisi abbia utilizzato un design in aperto (in cui cioè le informazioni non vengono nascoste ai partecipanti allo studio) a differenza degli altri 4 studi;
  • il fatto che il dabigatran abbia un meccanismo di azione leggermente diverso rispetto agli altri NAO testati;
  • la mancanza in alcuni studi di importanti dettagli su dati demografici e comorbidità.

 

Quale la novità

L’aspetto di maggiore interesse di questa ricerca è che conferma, per la prima volta, il noto buon profilo di efficacia e di sicurezza dei NAO anche in sottogruppo di pazienti con FA estremamente fragile, come quello dei soggetti più anziani. In particolare, i nuovi farmaci anticoagulanti orali hanno dimostrato di non essere inferiori rispetto al warfarin nella prevenzione di ictus/embolia sistemica, con un profilo di sicurezza sull’emorragia intracranica (la complicanza più temuta dell’anticoagulazione) sicuramente migliore.

In termini pratici, queste nuove informazioni sull’impiego dei NAO nei pazienti anziani suggeriscono anche la possibilità di futuri miglioramenti terapeutici. Finora, infatti, la terapia standard con warfarin è sempre stata sostanzialmente sottoutilizzata in questa fascia di età, nonostante la sua ben provata efficacia nella prevenzione dell’ictus, soprattutto per un percepito aumentato rischio di sanguinamento. L’aumento dell’età complica poi la questione, con ulteriori difficoltà legate a scarsa aderenza, deterioramento cognitivo, rischio di cadute, interazioni farmacologiche e polifarmacia. In questo senso i NAO, anche se comunque non scevri da rischi, appaiono molto promettenti, per via della loro assunzione per bocca, per la rapida insorgenza e cessazione degli effetti, scarsa presenza di interazioni dietetiche e farmacologiche e non necessità di monitoraggio di routine.

Quali le prospettive

Per quanto riguarda le prospettive di ricerca, i risultati ottenuti con questo studio suggeriscono la necessità di futuri studi di conferma ad-hoc che siano dedicati ab initio ai soli pazienti più anziani con FA. Infatti, nonostante questa metanalisi si basi esclusivamente su trial clinici randomizzati e controllati, si tratta pur sempre di un’analisi di sottogruppi post hoc, e quindi i risultati finora ottenuti devono essere considerati alla stregua di uno studio “generante ipotesi”.

Sarebbe poi anche auspicabile, come prima accennato, che si iniziassero in un prossimo futuro degli studi dedicati al confronto diretto tra i vari NAO nel paziente anziano con FA. In particolare, il dato che l’apixaban abbia verosimilmente un migliore rapporto costo-efficacia rispetto agli altri NAO disponibili in commercio appare importante, seppur suffragato al momento da evidenze solo indirette, e andrebbe confermato. I nuovi farmaci anticoagulanti orali restano, infatti, più costosi del warfarin, pertanto appare cruciale prendere sempre in considerazione anche il costo associato alle nuove terapie, scegliendo quelle con il miglior profilo farmacoeconomico (includendo i costi attribuibili agli eventi avversi).

 

A cura di Carlo Smirne


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