Riferimento bibliografico

de Sire A, Lippi L, Venetis K, Morganti S, Sajjadi E, Curci C, Ammendolia A, Criscitiello C, Fusco N, Invernizzi M. Efficacy of Antiresorptive Drugs on Bone Mineral Density in Post-Menopausal Women With Early Breast Cancer Receiving Adjuvant Aromatase Inhibitors: A Systematic Review of Randomized Controlled Trials. Front Oncol. 2022 Jan 21;11:829875. doi: 10.3389/fonc.2021.829875. PMID: 35127539; PMCID: PMC8814453.

In sintesi

La perdita di matrice ossea è una conseguenza frequente delle terapie ormonali per la cura del cancro al seno. Tuttavia, ad oggi, manca un consenso uniforme relativamente al trattamento ottimale per prevenire la demineralizzazione ossea conseguente a terapie antitumorali (Cancer Treatment Induced Bone Loss – CTIBL). Nella revisione sistematica presentata gli autori hanno analizzato gli effetti dei farmaci antiriassorbitivi in pazienti con carcinoma mammario.

Contesto e punto di partenza

Il carcinoma mammario è il tumore maligno più diffuso nelle donne a livello mondiale, con incidenza in aumento negli ultimi decenni.  Al contrario, la sua mortalità è diminuita negli ultimi anni grazie ai significativi progressi nei programmi di screening e interventi terapeutici. Di conseguenza, sono progressivamente emersi problemi conseguenti al trattamento del tumore e al suo impatto sulla salute dell’osso, e sulla qualità della vita delle pazienti. 

La perdita di matrice ossea è un aspetto frequente delle terapie antitumorali per il trattamento del cancro al seno. La chemioterapia può portare ad un aumento aspecifico del riassorbimento osseo, mentre le terapie ormonali riducono i livelli di estrogeni circolanti, con conseguente diminuzione della densità minerale dell’osso e un aumento del rischio di frattura. In particolare, gli inibitori dell’aromatasi promuovono una significativa diminuzione della densità minerale ossea. 

Diversi farmaci sono ad oggi disponibili per prevenire il riassorbimento osseo causato dagli inibitori dell’aromatasi. In particolare:

  • Vari studi hanno dimostrato che l’utilizzo di bisfosfonati in questa tipologia di pazienti può ridurre la perdita di densità minerale ossea con effetti positivi anche sulla mortalità.
  • Denosumab, un anticorpo monoclonale umano di tipo IgG2 in grado di prevenire la demineralizzazione ossea e il tasso di fratture da fragilità in pazienti con cancro al seno sottoposte a terapia ormonale.

Questa revisione sistematica ha riassunto le attuali evidenze sull’efficacia dei farmaci antiriassorbitivi e il loro impatto sulla salute delle ossa in pazienti affette da cancro al seno in terapia con inibitori anti-aromatasi.

Le caratteristiche dello studio

Sono stati analizzati studi pubblicati fino al 30 aprile 2021 su tre dei più importanti database scientifici (PubMed/Medline, Scopus e Web of Science). Sono state analizzate donne in post-menopausa con carcinoma mammario in terapia ormonale adiuvante con inibitori dell’aromatasi. Gli studi analizzati hanno valutato l’efficacia di farmaci antiriassorbitivi (Bifosfonati e/o Denosumab) in termini di modifiche della densità minerale ossea e rischio di frattura. 

Sono stati applicati i seguenti criteri di esclusione: 1) Studi che coinvolgono animali; 2) Studi in lingua diversa dall’inglese; 3) Studi con pazienti in gravidanza; 4) Studi con tumori di diversa tipologia; 5) Studi con pazienti con cancro al seno in fase metastatica; 6) Articoli non pubblicati su riviste scientifiche. 

I dati degli studi sono stati analizzati da due revisori indipendenti più un terzo revisore. È stato applicato un approccio descrittivo per sintetizzare sia le caratteristiche degli studi sia i dati estratti. La qualità dello studio è stata valutata secondo la scala Jadad (scala utilizzata per valutare la qualità metodologica di studi clinici), per cui studi clinici con un punteggio Jadad compreso tra 3 e 5 sono stati considerati studi di alta qualità.

I risultati ottenuti

Dei 2416 articoli identificati in letteratura, solo 21 studi hanno soddisfatto interamente i criteri di eleggibilità e sono dunque stati inclusi nella revisione sistematica. Gli studi clinici considerati sono studi randomizzati controllati pubblicati tra il 2008 e il 2019, per la maggior parte frutto di collaborazioni internazionali. In termini di qualità, dei 21 studi inclusi, 20 sono stati classificati di alta qualità secondo la scala Jadad. L’unico studio tra quelli inclusi che ha valutato l’utilizzo di aledronato orale ha rilevato una significativa differenza in termini di densità minerale ossea a livello lombare nelle pazienti trattate per 24 settimane rispetto a quelle che hanno ricevuto placebo. Miglioramenti significativi non sono invece emersi dalla valutazione della densità minerale ossea a livello femorale.

Due studi hanno indagato la variazione di densità minerale ossea lombare e femorale in pazienti trattate con ibandronato (150 mg ogni mese) rispetto a pazienti trattate con placebo. In entrambi gli studi si è osservato un miglioramento significativo della densità minerale ossea sia lombare che femorale dopo 12 e 24 mesi di trattamento.

In tre studi sono stati valutati gli effetti di risedronato (35 mg a settimana) sulla densità minerale ossea. Da tutti e tre gli studi è emerso un significativo aumento della densità minerale ossea sia lombare che femorale dopo 24 mesi di trattamento con risedronato.

In sette studi sono stati valutati gli effetti di zoledronato (4 mg endovena ogni 6 mesi) in donne con carcinoma mammario trattate con letrozolo. In sei studi è stato confrontato l’effetto osteo-protettivo dello zoledronato in pazienti con un inizio immediato del trattamento rispetto ad un inizio ritardato. In un unico studio è stata confrontata la somministrazione di acido zoledronico rispetto ad un gruppo di controllo che non ha ricevuto alcun trattamento. I risultati hanno sottolineato un significativo aumento della densità minerale ossea lombare e femorale nei gruppi in cui lo zoledronato è stato somministrato precocemente. Non si sono invece rilevate differenze significative in termini di incidenza di fratture.

Infine, due studi hanno confrontato denosumab (60 mg sottocute ogni sei mesi) rispetto a placebo. In tali studi è emerso un beneficio in termini di miglioramento della densità minerale ossea in tutti i siti di misurazione. Inoltre, solo denosumab ha evidenziato una riduzione significativa del rischio di frattura. 

Dal lavoro di revisione emerge un significativo miglioramento della densità minerale ossea con l’utilizzo di denosumab o di acido zoledronico. Anche i bifosfonati orali hanno dimostrato efficacia nel migliorare la densità minerale ossea, tuttavia le coorti di pazienti più piccole ed i periodi di trattamento più brevi rendono le prove a sostegno di questi farmaci più deboli rispetto quelle a sostegno di denosumab e zoledronato. 

Limiti dello studio

La revisione sistematica analizzata in questo documento presenta alcuni limiti di cui tener conto. Anzitutto, in questa revisione sono stati presi in considerazione soltanto studi randomizzati controllati, con la conseguente esclusione di tutti i dati provenienti da studi di tipo osservazionale. In secondo luogo, va riconosciuta la presenza di una certa eterogeneità metodologica e statistica tra gli studi inclusi.

Inoltre, gli inibitori dell’aromatasi possono essere somministrati per periodi anche superiori anche a 10 anni, mentre gli studi che hanno valutato gli effetti a lungo termine di denosumab e bifosfonati sono durati 5-8 anni. Altro limite, dunque, nella gestione della perdita ossea secondaria con  utilizzo di inibitori dell’aromatasi è la carenza di prove a disposizione sugli effetti a lungo termine dei trattamenti per osteoporosi. Questi dati suggeriscono come i meccanismi alla base degli effetti adiuvanti dei farmaci antiriassorbitivi in pazienti con carcinoma mammario debbano essere ulteriormente studiati, dedicando particolare attenzione agli effetti a lungo termine.

Novità e prospettive

La prevenzione della perdita di densità minerale ossea è un tassello chiave nella gestione terapeutica di pazienti con carcinoma mammario che assumono inibitori dell’aromatasi. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse riguardo ai meccanismi alla base della perdita ossea correlata agli inibitori dell’aromatasi; tuttavia, la corretta gestione di tale problema è ancora complessa per il medico. Nonostante la complessità, risulta essere prioritario ottenere dati solidi sull’argomento poiché la salute dell’osso e la annessa riduzione del rischio di frattura sono fondamentali nel migliorare la qualità di vita delle donne sopravvissute al tumore della mammella.

Denosumab e l’acido zoledronico hanno dimostrato essere le opzioni di trattamento più efficaci in pazienti con carcinoma mammario trattate con inibitori dell’aromatasi. Tuttavia, non sono ad oggi disponibili dati sugli effetti a lungo termine di questi farmaci e sul loro impatto sulla qualità di vita. Si rendono quindi necessari ulteriori studi che caratterizzino gli effetti a lungo termine di questi farmaci al fine di guidare il clinico nella scelta dei trattamenti personalizzati più efficaci.

A cura di Lorenzo Lippi


Iscriviti alla Newsletter

* Richiesti

Scegli la newsletter

Consenso all’utilizzo dei datiAging Project userà le informazioni che fornisci al solo scopo di inviarti la newsletter richiesta.

Puoi annullare l'iscrizione in qualsiasi momento cliccando sul link che trovi nel footer dell'email. Per informazioni sulla Privacy Policy clicca qui.

Cliccando su "Acconsenti", accetti anche che le tue informazioni saiano trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Ulteriori informazioni sulle privacy di Mailchimp qui