Riferimento bibliografico

Ornish, D., Madison, C., Kivipelto, M. et al. Effects of intensive lifestyle changes on the progression of mild cognitive impairment or early dementia due to Alzheimer’s disease: a randomized, controlled clinical trial. Alz Res Therapy 16, 122 (2024). https://doi.org/10.1186/s13195-024-01482-z

 

In sintesi

La prevenzione terziaria ha un ruolo fondamentale nel rallentare la progressione di diverse patologie, come l’ipertensione e il diabete. Questo studio sperimentale indaga il ruolo e l’impatto di uno stile di vita sano nella prevenzione terziaria dell’Alzheimer. Seppur con diversi limiti, lo studio evidenzia l’impatto positivo dello stile di vita sulla prevenzione delle complicanze della malattia.

 

Il contesto e il punto di partenza

Uno stile di vita sano è fondamentale per la prevenzione dell’Alzheimer e di numerose patologie. Sebbene sia abbastanza noto il ruolo della prevenzione primaria e secondaria nell’Alzheimer, i ricercatori si sono posti una nuova domanda: “i cambiamenti dello stile di vita hanno un impatto diretto sugli indici di progressione di malattia?”.

 

Le caratteristiche dello studio

Lo studio trattato è uno studio randomizzato e controllato a gruppi paralleli. Per analizzare l’impatto dello stile di vita sul trattamento dell’Alzheimer sono stati presi come campione 51 pazienti.

I criteri di inclusione erano:

Età compresa tra 45 e 90 anni;

  • Diagnosi attuale di deterioramento cognitivo lieve (MCI) o demenza precoce dovuta all’Alzheimer con un MoCAscore≥18;
  • Approvazione del MMG alla partecipazione allo studio;
  • Disponibilità e capacità di partecipare a tutti gli aspetti dell’intervento;
  • Disponibilità del caregiver a fornire indicazioni e ad assistere allo studio.

Il campione è stato diviso in due gruppi: gruppo d’intervento e gruppo di controllo. Il gruppo sperimentale è stato sottoposto a 20 settimane di un programma intensivo incentrato sul miglioramento dello stile di vita:

  • Dieta vegana, sana ed equilibrata con l’utilizzo di integratori alimentari
  • Esercizio fisico regolare;
  • Gestione dello stress: ad esempio attraverso esercizi di meditazione e yoga;
  • Supporto di gruppo per la salute mentale.

Dopo 20 settimane di trattamento, i due campioni sono stati sottoposti a test cognitivi-funzionali (CGIC, CDR-SB, CDR Global e ADAS-Cog) e analisi ematiche per analizzare i risultati.

Le analisi ematiche sono state incentrate sui marker della patologia: rapporto Aβ42/40 nel plasma, Glic-A, LDL, βidrossibutirrato, pTau, GFAP/proteina acida fibrillare gliale.

 

I risultati

I risultati, dopo 20 settimane, hanno evidenziato differenze complessive statisticamente significative tra il gruppo di intervento e il gruppo di controllo randomizzato in quasi tutti i test cognitivo-funzionali (CGIC, CDR-SB e CDR Global). Nel test ADAS-Cog le differenze tra i due gruppi erano di significato borderline.

Tre di queste misure (CGIC, CDR Global, ADAS-Cog) hanno mostrato un miglioramento della cognizione e della funzione nel gruppo di intervento e un peggioramento nel gruppo di controllo, e un test (CDR-SB) ha mostrato una progressione significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo randomizzato, che è peggiorato in tutte e quattro queste misure.

Anche i risultati ematici hanno evidenziato cambiamenti significativi tra i due gruppi:

  • La pTAU è aumentata, dopo 20 settimane, nel gruppo di controllo, mentre è rimasta costante nel gruppo sperimentale.
  • Il rapporto plasmatico Aβ42/40 è aumentato nel gruppo di intervento ma è diminuito nel gruppo di controllo.

 

Limiti dello studio

Lo studio presenta diverse limitazioni. In primo luogo, il numero campionario è alquanto ridotto (n=49). Inoltre, vista la natura del tipo di intervento, manca la possibilità di avere il campione e gli sperimentatori in cecità. Infatti, è evidente quale gruppo sta effettuando il trattamento basato sullo stile di vita e quale no. La strategia applicata, seppure limitata, per ovviare a quest’ultimo problema è stata quella di separare gli sperimentatori che eseguivano i test da quelli che raccoglievano e analizzavano i dati, che erano quindi in cecità.

Questi risultati, alla luce delle limitazioni riportate, non hanno una forte evidenza clinica nonostante l’evidenza statistica. Utile sarebbe, sicuramente, approfondire questa ricerca con un numero campionario più grande e con uno studio dei risultati più a lungo termine.

 

Quali le novità?

Raccomandare ai propri pazienti, affetti da MCI o AD, piani preventivi atti a rallentare il decadimento cognitivo potrebbe migliorare la loro condizione clinica e, quindi, la loro qualità di vita.

 

Quali prospettive?

L’implementazione di piani strategici di prevenzione terziaria, in una comunità di pazienti con deterioramento cognitivo lieve, risulta di fondamentale importanza anche per ridurre la spesa sanitaria (in termini di costi e di tempo speso dai professionisti). La progettazione di tali piani, secondo la normativa vigente, spetta alla medicina territoriale.

 

A cura di Tommaso Magnifico


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