Viviamo più a lungo dei nostri nonni, ma non necessariamente meglio. In Italia, l’aspettativa di vita supera gli 81 anni per gli uomini e gli 85 per le donne, ma l’aspettativa di vita “in salute” si ferma a circa 67 anni. Ciò significa che passiamo gli ultimi 15-20 anni della nostra vita facendo i conti con acciacchi vari. La buona notizia? Sulla salute abbiamo più controllo di quanto pensiamo e contano anche dalle scelte che facciamo ogni giorno: se facciamo movimento, se fumiamo e cosa mangiamo.
Ed è proprio partendo da ciò che mettiamo nel piatto che si apre una questione più ampia: il modo in cui ci alimentiamo incide anche sulla salute del pianeta. Infatti, mentre ci preoccupiamo della nostra dieta, il mondo si prepara ad affrontare una sfida colossale. Entro il 2050 saremo quasi 10 miliardi di persone su questo pianeta, e la domanda sorge spontanea: come faremo a sfamare tutti senza devastare l’ambiente?
Già adesso la situazione non è rosea. Nel 2023, tra i 713 e i 757 milioni di persone hanno sofferto la fame, 152 milioni in più rispetto al 2019. E altri 2,8 miliardi di persone non possono permettersi un’alimentazione sana. Numeri che fanno riflettere, soprattutto considerando che l’obiettivo delle Nazioni Unite era di sconfiggere la fame entro il 2030.
Spoiler: siamo decisamente in ritardo.
Il cibo che scalda il pianeta
Non bastasse la fame nel mondo, c’è anche il problema dell’impatto ambientale. I sistemi alimentari sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra. Per dare un’idea: produrre un chilo di carne bovina genera quasi 60 kg di CO2 equivalente, mentre una mela appena 0,3 kg. È come confrontare un SUV con una bicicletta.
E non parliamo solo di aria: per produrre un chilo di carne di manzo servono 15.400 litri d’acqua. Praticamente 150 vasche da bagno ogni tre bistecche. Il caffè, però, li batte tutti: 18.900 litri di acqua per ogni chilo di chicchi tostati. La prossima volta che vi lamentate del prezzo del cappuccino, pensate a quanta acqua c’è dentro.
Il cibo del futuro: carne da laboratorio e insetti
Di fronte a questo scenario, scienziati e ricercatori stanno inventando alternative che fino a poco fa sembravano uscite da un film di fantascienza. Tra le innovazioni più discusse ci sono la carne coltivata in laboratorio e gli insetti.
Già nel 1931, Winston Churchill aveva previsto tutto: “Sfuggiremo all’assurdità di far crescere un pollo intero, solo per mangiarne il petto o l’ala, facendo crescere queste parti separatamente in un ambiente adatto“. Il primo hamburger di laboratorio è diventato realtà nel 2013, creato da Mark Post all’Università di Maastricht.
Il principio è semplice (almeno sulla carta): si prendono alcune cellule da un animale, le si fanno moltiplicare in laboratorio e voilà, carne senza bisogno di allevamenti. In Europa, però, questa carne del futuro è ancora considerata un “novel food” e deve superare rigorosi controlli di sicurezza prima di arrivare nei nostri piatti.
Le sfide sono ancora tante: produrla su larga scala a prezzi accessibili, capire esattamente quale sia il suo valore nutrizionale, valutarne l’impatto ambientale reale e, non ultimo, convincere i consumatori che non è il cibo di Frankenstein.
Se l’idea della carne coltivata vi sembra strana, sappiate che circa 2 miliardi di persone nel mondo mangiano regolarmente insetti. In Europa, quattro specie sono già state autorizzate dopo attenti controlli: locuste, larve di verme della farina, polvere di grillo e larve del verme della farina minore.
Prima di storcere il naso, considerate i numeri: gli insetti sono ricchissimi di proteine (dal 23% al 76%), ferro, zinco e vitamine del gruppo B. E dal punto di vista ambientale sono una bomba di efficienza: per produrre un chilo di proteine, i grilli usano 17 metri quadri di terreno contro i 308 della carne bovina. C’è un però: se siete allergici ai crostacei, fate attenzione. Gamberi e grilli sono parenti più stretti di quanto pensiate, e le reazioni allergiche crociate sono possibili.
Verso un futuro sostenibile (e gustoso?)
Allora, cosa ci aspetta? Probabilmente non sostituiremo la bistecca con un hamburger di laboratorio domani mattina. Ma l’innovazione alimentare sta aprendo strade interessanti per affrontare le sfide ambientali di oggi e domani.
Ogni volta che riempiamo il carrello, compiamo una scelta: per la nostra salute e per quella del pianeta. Non serve diventare vegani da un giorno all’altro o iniziare subito a mangiare grilli (anche se pare siano croccanti come pop corn e con un retrogusto di nocciola): basta un pizzico di consapevolezza in più. Perché il cibo deve restare un piacere, ma può diventare anche un gesto di cura. Per noi e per la Terra.
Questo articolo è stato scritto a partire dalla presentazione di Franca Braga all’evento “Alimentazione, sostenibilità e invecchiamento: una sfida di oggi e domani” – UPO incontra Novara. Durante l’incontro, i cittadini hanno potuto misurare gratuitamente glicemia e indice di massa corporea grazie alla collaborazione con Pharma Novara.