Un tuffo dove il cervello è più blu: locus coeruleus e invecchiamento cognitivo

Il locus coeruleus (LC) è una piccola ma fondamentale struttura situata nel ponte del tronco encefalico, principale fonte di b per il cervello. Viene chiamato suggestivamente “punto blu” del cervello – una piccolissima area coinvolta nei processi cognitivi e ritenuta la prima a essere colpita da malattie neurodegenerative. Negli ultimi anni ha attirato crescente interesse scientifico proprio per il suo ruolo fondamentale nei processi cognitivi e nella patogenesi delle malattie quali Alzheimer e Parkinson. Studi hanno dimostrato che i cambiamenti patologici nel LC possono iniziare decenni prima dell’insorgenza dei sintomi clinici.

I ricercatori della Cornell University, nello studio Age-related differences in locus coeruleus intensity across a demographically diverse sample (pubblicato sulla rivista Neurobiology of Aging), hanno osservato cambiamenti significativi, nel corso della vita umana, nel “punto blu”; in particolare, hanno indagato l’andamento dell’intensità del segnale del locus coeruleus rilevato tramite risonanza magnetica (MRI) e associato alla neuromelanina – un pigmento interno all’LC risultato della sintesi delle catecolamine (gruppo di ormoni e neurotrasmettitori, quali dopamina, adrenalina e noradrenalina, che giocano un ruolo chiave nel sistema nervoso simpatico). Proprio la neuromelanina è responsabile dell’aspetto caratteristico di “macchia blu”, che va accumulandosi nel corso della vita, ed è assente alla nascita. La sua visualizzazione tramite MRI può riflettere la quantità di neuroni vivi e attivi nella produzione di noradrenalina. Per questo motivo, l’indagine ha visto la partecipazione di un campione composto da 134 partecipanti di età compresa tra i 19 e gli 86 anni, con una rappresentanza etnica più ampia rispetto alla media (41% non bianchi). I risultati principali – che non sembrano essere minimamente influenzati da fattori quali istruzione, reddito, traumi psicologici infantili – mostrano un andamento a U rovesciata dell’intensità del segnale LC nel corso della vita adulta:

  • Il segnale è basso nella giovane età adulta,
  • Raggiunge un picco intorno ai 60 anni,
  • E poi decresce nuovamente in età avanzata, soprattutto nella parte caudale del LC (quella inferiore), dove il segnale è in generale più intenso.

Vale la pena, invece, sottolineare le differenze demografiche che sono emerse:

  • Il segnale nella parte rostrale (superiore) del LC è più alto nelle donne e nelle persone nere.
  • Negli adulti anziani ad alte prestazioni cognitive, un maggiore segnale rostrale del LC è associato a una migliore funzione cognitiva fluida.

Il declino dell’intensità del segnale in tarda età potrebbe indicare morte neuronale, probabilmente causata da fattori tossici legati alla neuromelanina o all’accumulo di patologie come la tau fosforilata. Altri studi post-mortem sembrano confermare un picco dell’intensità del segnale LC intorno ai 60 anni, simile a quanto osservato anche nella substantia nigra, altra area cerebrale ricca di neuromelanina. Comprendere la traiettoria normale del LC nel tempo e come questa cambi a seconda di età, sesso, etnia e altri fattori socio-demografici è fondamentale per usare il LC come biomarcatore precoce nelle malattie neurodegenerative.

In conclusione: cosa ci racconta lo studio sul locus coeruleus

L’intensità del segnale del LC ha un duplice significato: da una parte, può rappresentare sia un fattore protettivo (buona riserva cognitiva e resilienza), sia un fattore di vulnerabilità (stress cronico, carico di neuromelanina), a seconda dello stadio della vita e delle condizioni individuali. Pertanto, studi futuri dovrebbero continuare a esplorare queste dinamiche in campioni diversificati per comprendere appieno il ruolo del LC nell’invecchiamento cognitivo.

 

A cura di Emiliano Loria


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