Intervista a Paolo Marzullo, endocrinologo, professore associato presso il DiMeT di UPO

Tutti noi conosciamo il diabete come una malattia strettamente correlata all’insulina e al suo utilizzo da parte del nostro organismo. Ma con il recente ingresso sul mercato di nuovi farmaci, anch’essi capaci di regolare il livello di zucchero nel sangue, il quadro si sta rivelando molto più sfaccettato. Ce lo può descrivere?

Per lungo tempo noi endocrinologi abbiamo affrontato la fisiopatologia del diabete focalizzandoci sull’insulina e un triumvirato di organi chiave per la sensibilità insulinica: il pancreas, il fegato e il muscolo. Tuttavia, la scienza moderna ha allargato la visione e sono entrati in gioco altri regolatori del metabolismo glucidico.

Il ruolo svolto dall’insulina nel mantenimento dell’equilibrio del glucosio resta fondamentale ma, come in un mosaico, altre tessere si stanno aggiungendo al nucleo centrale del quadro. In linea generale, stiamo acquisendo una sempre maggiore consapevolezza dei vari ormoni e sistemi che nel corpo influenzano i livelli di glucosio, tra cui c’è anche il rene e la sua capacità di filtrare e “riciclare” il glucosio: nei soggetti diabetici la capacità renale di riassorbimento può essere eccessiva, portando a livelli più alti di zucchero nel sangue. Di recente, sono stati sviluppati dei farmaci che agiscono proprio su questa funzione renale, aiutando a eliminare più zucchero attraverso l’urina.

Ma le tessere più importanti per la composizione del nuovo quadro e per lo sviluppo di trattamenti innovativi, che anche il nostro gruppo sta studiando in maniera sempre più approfondita, riguardano il sistema delle incretine e la sua interazione con organi come il pancreas, il fegato e il cervello.

 

Cosa si intende per sistema delle incretine?

Le incretine sono un gruppo di proteine derivate dal proglucagone (il glucagone è un ormone secreto dal pancreas antagonista dell’insulina) che sono da poco disponibili in forma farmaceutica per la terapia del diabete mellito 2 e di cui saranno disponibili nuovi analoghi, perché si sono rivelate molto efficaci. Sono ormoni rilasciati dall’intestino nel sangue che svolgono diverse funzioni, di cui una delle più importanti è la stimolazione del pancreas a produrre più insulina in una fase precoce del processo digestivo. Al fegato segnalano di immettere meno glucosio in circolo e così facendo contribuiscono a mantenere i livelli di zucchero nel sangue più stabili, evitando picchi e cadute brusche che possono essere pericolosi per le persone con diabete.

 

Che correlazione c’è tra la semaglutide, che è forse il più “famoso” tra i farmaci innovativi, e le incretine?

Come abbiamo detto, quando mangiamo, l’intestino rilascia gli ormoni incretinici, tra cui il GLP-1 (che sta per peptide-1 simile al glucagone). Quest’ultimo ha un ruolo fondamentale nel ridurre i livelli di glucosio nel sangue: stimola il pancreas a rilasciare insulina (quando i livelli di glucosio sono alti) riducendo il rilascio di glucagone e segnala al fegato di smettere di produrre glucosio. Tuttavia, nel corpo, il GLP-1 naturale è degradato rapidamente, quindi il suo effetto è breve. La semaglutide, definita anche agonista del GLP-1, imita la sua azione e la potenzia, aiutando a ridurre i livelli di glucosio nel sangue. Inoltre, la sua molecola è modificata in modo da durare più a lungo nel corpo. Quindi, quando una persona inizia un trattamento con la semaglutide, sta fondamentalmente potenziando l’effetto benefico del GLP-1.
Un altro vantaggio di questi nuovi farmaci è che hanno anche altri effetti positivi, come quello di protezione cardiovascolare che si riscontra sia nella diminuzione del rischio di morte cardiovascolare sia nella riduzione del rischio di ictus.
E’ stato inoltre mostrato che la semaglutide influisce sulle aree cerebrali responsabili della regolazione dell’appetito e anche su quelle deputate al piacere, del desiderio e della soddisfazione nel tempo per quel che si è mangiato, determinando un sensazione di sazietà e di benessere. Queste azioni inducono perdita di peso corporeo, con profonde implicazioni non solo per i pazienti con diabete, ma anche per chi lotta contro il sovrappeso e l’obesità.

 

Oltre alla semaglutide, quali altre molecole emergenti dovremmo considerare nel panorama delle incretine?

La famiglia degli analoghi del GLP-1 è già ampia. Dulaglutide è uno di questi, con meccanismi d’azione simili alla semaglutide ma con specificità nella somministrazione e nella durata d’azione. In Italia, è già commercializzato e ha dimostrato di offrire benefici nel controllo glicemico e, in parte, nella perdita di peso. Poi c’è liraglutide, simile alla semaglutide ma con una struttura leggermente diversa, che proprio in studi condotti in Italia ha dimostrato favorire un importante calo di peso colpendo soprattutto il tessuto adiposo e risparmiando la massa muscolare (effetto cruciale per le persone in là con gli anni, già soggette a un fisiologico calo di massa muscolare).

Un altro membro degno di nota è il tirzepatide, molecola con una struttura sia di agonista di GLP-1 che di GIP (Polipeptide Insulinotropico dipendente dalla Glicemia), che riesce a legare contemporaneamente più recettori potenziando il controllo del diabete e il risultato di calo ponderale. I dati ottenuti dagli studi clinici registrativi sono davvero incoraggianti e ora non resta che aspettare la sua entrata in commercio in Italia, che dovrebbe essere imminente.

 

Chi può prescrivere questi farmaci?

Se utilizzati contro il diabete di tipo 2, semaglutide e i suoi analoghi possono essere prescritti sia dal diabetologo che dal medico di medicina generale, con la Nota 100 dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). In tutti gli altri casi solo dallo specialista. Anche i farmaci basati su associazione possono essere prescritti solo dallo specialista. La rimborsabilità è regolamentata dal tipo di associazioni farmacologiche utilizzate. Per quanto si tratti di farmaci sicuri e generalmente ben tollerati, vanno comunque utilizzati sotto stretto controllo del medico, specie se si assumono insieme ad altri farmaci, per esempio quelli per ridurre la pressione o il colesterolo, con cui possono interagire.

 

Riguardo alle specifiche esigenze dei pazienti, come considera l’approccio terapeutico alla luce delle diverse molecole disponibili?

Il vantaggio indiretto di una ampia gamma di molecole come semaglutide, dulaglutide, liraglutide e tirzepatide è che offre un ventaglio di opzioni per personalizzare i trattamenti. Ogni paziente ha un profilo unico di risposta e, mentre alcuni potrebbero beneficiare maggiormente dell’effetto sulla sazietà, altri potrebbero richiedere un controllo glicemico più stretto.

E’ una fase storica che corrisponde a una svolta nella comprensione e nel trattamento della malattia metabolica, che ora possiamo affrontare con un approccio a 360°. Le Linee Guida suggeriscono che la prevenzione del diabete deve innanzitutto partire dalla prevenzione e trattamento dell’obesità, con farmaci che hanno un effetto combinato. In linea generale, sfruttando le azioni precise ma leggermente variegate di questi farmaci, ciascun paziente potrà ricevere il trattamento più adatto per lui, sulla base delle proprie caratteristiche e della propria storia di malattia.

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