Riferimento bibliografico

Qasim HS, Simpson MD. A Narrative Review of Studies Comparing Efficacy and Safety of Citalopram with Atypical Antipsychotics for Agitation in Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia (BPSD). Pharmacy (Basel). 2022 Jun 6;10(3):61.

 

In sintesi

Uno studio pubblicato su Pharmacy ha mostrato che negli anziani affetti da demenza, compresa quella ascrivibile alla malattia di Alzheimer, la terapia con i farmaci inibitori del reuptake della serotonina (SSRI), ed in particolare il citalopram, è associata a una riduzione dei sintomi di agitazione e a un minor rischio di effetti avversi rispetto agli antipsicotici per quanto riguarda la gestione dei sintomi da agitazione psicomotoria. Sono però ancora necessari ulteriori studi per confermare l’efficacia e la sicurezza di tali farmaci nella gestione a lungo termine dell’agitazione nel paziente con demenza.

 

Il contesto e il punto di partenza

Sappiamo che:

  • Gran parte delle persone anziane a cui viene diagnosticata una demenza sperimentano una o più sintomi di agitazione psicomotoria durante la loro malattia;

  • L’agitazione psicomotoria, a sua volta parte dei più ampi sintomi comportamentali e psicologici di demenza (Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia, BPSD) è, anzi, uno dei problemi più comuni riscontrati nelle strutture di assistenza per gli anziani;

  • Una recente revisione sistematica ha dimostrato che più dell’80% degli episodi di BPSD si manifesta proprio come agitazione;

  • L’agitazione psicomotoria e l’irrequietezza motoria, a loro volta caratterizzate da comportamenti inappropriati – siano essi a prevalente espressione verbale, vocale o fisica, purché in ogni caso ripetitivi, aggressivi, e spesso in contrapposizione con i normali standard sociali – sono tutti sintomi dei più ampi disturbi dell’umore;

  • Le più recenti linee guida cliniche raccomandano interventi non farmacologici come primo tentativo di gestire l’agitazione. Tuttavia, se l’agitazione causa disagio e potenzia il rischio di danni agli altri, si possono prendere in considerazione approcci farmacologici per alleviarla;

  • Molti trial clinici randomizzati (RCT) hanno hanno valutato diversi interventi con farmaci psicotropi, come antidepressivi, antipsicotici, inibitori della colinesterasi, benzodiazepine e anticonvulsivanti. La maggior parte di questi studi ha poi effettuato confronti tra le diverse classi farmacologiche;

  • Più recentemente alcuni RCT hanno iniziato ad analizzare anche i farmaci inibitori del reuptake della serotonina (SSRI), per quanto l’agitazione associata alla demenza, e i dati preliminari, indicherebbero un chiaro effetto benefico di tale classe di farmaci, in particolare per quanto riguarda il citalopram, suggerendo che siano un’alternativa più sicura agli antipsicotici;

  • Il citalopram svolge un’azione antidepressiva potenziando l’attività serotoninergica del sistema nervoso centrale e ha effetti minimi sulla ricaptazione neuronale di noradrenalina e dopamina. Ha inoltre una bassa affinità per i recettori muscarinici dell’acetilcolina e una lieve azione antagonista sui recettori H1 dell’istamina. Non ha effetti significativi sui recettori mu degli oppioidi e sui recettori delle benzodiazepine;

  • Il citalopram è, in definitiva, uno degli SSRI meglio tollerati e ha già ottenuto risultati favorevoli nel trattamento della depressione negli anziani; tuttavia, ha un’azione terapeutica inconsistente alle dosi più basse e spesso richiede un aumento della dose per ottimizzare l’effetto del trattamento. Negli Stati Uniti, il citalopram è già utilizzato off-label per il disturbo ossessivo-compulsivo e per quello di panico;

  • Esiste tuttavia ancora un’evidenza limitata derivante da RCT in doppio cieco che confrontino il citalopram con, ad esempio, gli antipsicotici atipici nella demenza.

 

Le caratteristiche dello studio

Questa revisione include: a) RCT che abbiano confrontato il citalopram con uno o più antipsicotici atipici o con un placebo; b) revisioni sistematiche che confrontino il citalopram con antipsicotici come quetiapina, olanzapina e risperidone. Gli studi sono stati ricavati tramite la ricerca e l’accesso a banche dati come PubMed, OVID e Cochrane, utilizzando come finestra temporale il periodo dal 2000 al 2021, e selezionando solo le pubblicazioni in lingua inglese. Ulteriori criteri di inclusione erano: focalizzazione su tutti i tipi di demenza; focalizzazione sui BPSD; presentazione di raccomandazioni in merito ad agitazione, psicosi e comportamenti aggressivi; casistica raccolta in paesi con sistemi sanitari sviluppati. Da un campione iniziale di 232 documenti gli autori hanno alla fine potuto selezionare solo 2 RCT (che analizzavano un totale di 6277 pazienti) e 3 revisioni sistematiche (per un totale di 364 pazienti analizzati). La metodologia della revisione sistematica è stata secondo le linee guida PRISMA.

 

I risultati ottenuti

Il trattamento con citalopram è associato ad una riduzione dei sintomi di agitazione nell’anziano con demenza, con minor rischio di effetti avversi rispetto agli antipsicotici.

Sintetizzando le revisioni sistematiche:

  • #1: citalopram (OR = 1,61) e risperidone (OR = 1,96) avevano entrambi un’efficacia significativa. L’aloperidolo mancava invece di efficacia e accettabilità;

  • #2: citalopram e sertralina erano più efficaci del placebo; non si riscontravano invece differenze tra SSRI e antipsicotici.

Sintetizzando i RCT:

  • #1: citalopram aveva un’efficacia simile a quetiapina (OR = 1) e olanzapina (OR=0,98), ma con una minor tasso globale di ricoveri rispetto a quetiapina (OR = 0,92) e olanzapina (OR = 0,78). Il citalopram dimostrava una diminuzione dell’incidenza di cadute rispetto a olanzapina (OR = 0,81), ma senza differenze con la quetiapina. Inoltre, citalopram aveva un’incidenza più bassa di ipotensione ortostatica rispetto a quetiapina (OR = 0,8) e olanzapina (OR = 0,75), mentre non vi erano differenze significative riguardo all’allungamento del QT o il tasso di infezioni;

  • #2: citalopram e risperidone erano ugualmente efficaci, ma citalopram, a differenza del risperidone, non era gravato da effetti collaterali gravi;

  • #3: citalopram dopo 9 settimane dimostrava miglioramento significativo rispetto al gruppo placebo, ma era gravato da maggior tassi di allungamento del QT.

 

Limiti dello studio

Il limite principale di questo lavoro è la bassa numerosità degli studi di buon livello sono stati inclusi ed analizzati. Inoltre alcuni dei RCT analizzati mancavano del braccio placebo.

Altre possibili limitazioni che impongono cautela nel trarre conclusioni sono:

  • La mancanza di studi disponibili di durata più lunga in modo da permettere la valutazione della sicurezza e dell’efficacia del citalopram anche nella gestione a lungo termine dell’agitazione nel paziente con demenza;

  • Il confronto diretto tra citalopram ad altri antipsicotici atipici nella demenza è limitato ad un unico RCT in doppio cieco;

  • Nonostante ci siano campagne continue per ridurre l’uso di antipsicotici negli anziani e promuovere l’uso di farmaci alternativi come gli SSRI, di fatto le conclusioni di questo studio non sono ancora recepite dalle correnti linee guida.

 

Quale la novità

L’aspetto di maggiore interesse di questa ricerca è che conferma, per la prima volta, il noto buon profilo di efficacia e di sicurezza degli SSRI, e del citalopram in particolare, anche nel sottogruppo di pazienti anziani con demenza accertata e concomitante stato di agitazione psicomotoria. Tale farmaco ha dimostrato di non essere inferiore rispetto all’attuale standard di cura (vale a dire i farmaci antipsicotici, soprattutto quelli atipici), a fronte di un profilo di sicurezza sicuramente migliore.

In termini pratici, queste nuove informazioni sull’impiego del citalopram nei pazienti anziani suggeriscono anche la possibilità di futuri miglioramenti terapeutici. Finora, infatti, tale terapia è sempre stata sostanzialmente sottoutilizzata in questa fascia di età (anche perché attualmente tale uso è ancora off-label), nonostante la sua ben provata efficacia in altre patologie neurogeriatriche come la depressione o i disturbi di panico. Eppure è notorio, come anche confermato da questa analisi, che la terapia con antipsicotici sia mal tollerata nei soggetti anziani, a causa ad esempio di problemi di scarsa aderenza, deterioramento cognitivo, rischio di cadute, interazioni farmacologiche e concomitante polifarmacia. In questo senso i SSRI, anche se comunque non scevri da rischi, appaiono molto promettenti. Un aspetto di interesse che va comunque tenuto in considerazione è che, secondo questo studio, questi farmaci non sarebbero più sicuri degli antipsicotici per quanto riguarda l’incidenza di allungamento del QT, come invece ci si sarebbe potuto attendere vista la classe farmacologica.

 

Quali le prospettive

  • I risultati ottenuti con questo studio suggeriscono la necessità di futuri studi di conferma che aumentino la numerosità dei casi analizzati, confermando i risultati finora ottenuti in questo studio che deve essere considerato ancora come “generante ipotesi”;

  • Sarebbe importante effettuare un miglior dose-finding per questa specifica categoria di pazienti; nello studio vengono genericamente citati dosaggi compresi tra 10 mg (iniziali) e 30 mg (al massimo) al giorno, ma non è chiaro se questo valga per tutti i lavori analizzati; la attuale scheda tecnica in Italia prevede (ma per altre indicazioni) dosaggi compresi tra 20 e 40 mg/die, con raccomandazione nei pazienti anziani a ridurre della metà la dose (ad esempio 10-20 mg al giorno);

  • Sarebbe poi anche auspicabile iniziare, in un prossimo futuro, studi dedicati a una migliore definizione dei possibili effetti avversi in ambito psichiatrico in questo setting di pazienti. Sono infatti documentati in scheda tecnica effetti come ansia paradossa, mania, psicosi, sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento, fino ad acatisia/irrequietezza psicomotoria, tutti eventi particolarmente spiacevoli in pazienti che per definizione hanno già uno stato di agitazione pre-esistente.

 

A cura di Carlo Smirne

 


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