Riferimento bibliografico

Eileen M. Crimmins. Social hallmarks of aging: Suggestions for geroscience research. Aging Research Reviews, 63 (2020), 101136.

In sintesi

L’articolo di Eileen M. Crimmins si concentra sui cosiddetti “marcatori sociali dell’invecchiamento”, che comprendono il basso status socioeconomico raggiunto nel corso della vita, le avversità affrontate nell’infanzia e nell’età adulta, l’appartenenza a un gruppo minoritario, il perseguimento di comportamenti nocivi alla salute, nonché gli stati psicologici avversi. L’articolo presenta un lavoro empirico che confronta tali marcatori con molteplici indicatori biologici dell’invecchiamento (marcatori biologici). I risultati mostrano che i fattori sociali sono fortemente correlati alle funzionalità fisiche e cognitive con significativa comorbidità nella popolazione anziana.

Contesto

Lopez-Otin e colleghi (2013) hanno elencato nove fattori principali responsabili dei processi di invecchiamento: l’instabilità genomica, le alterazioni epigenetiche, la perdita della proteostasi (l’omeostasi delle proteine che può provocare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer), il processo di logoramento dei telomeri, la deregolazione della percezione dei nutrienti, la disfunzione mitocondriale, la senescenza cellulare, l’esaurimento delle cellule staminali e la comunicazione intercellulare alterata.  Più recentemente, Franceschi e colleghi (2018) hanno focalizzato l’attenzione su quelli che hanno ridefinito come i “sette pilastri dell’invecchiamento”: epigenetica, metabolismo, proteostasi, rigenerazione delle cellule staminali, stress e danneggiamento macromolecolare.

Tuttavia, avverte Eileen Crimmins, per dare conto dell’elevata variabilità individuale dei processi di invecchiamento, è necessario integrare questi marcatori biologici con fattori di tipo sociale, che l’autrice non esita a definire “marcatori sociali dell’invecchiamento”, che includono: basso livello socioeconomico, eventi avversi della vita, stati psicologici negativi (prolungato carico di stress, depressione) e comportamenti nocivi (obesità, abuso di alcool, tabagismo).

Alla base dello studio vi è, inoltre,  l’idea che la nozione di “aging” non sia da circoscrivere all’ultima fase dell’età adulta, ma che debba essere intesa come un processo di lunga durata che parte dall’infanzia. Ne consegue che la salute degli individui, nell’ultima fase dell’esistenza, sia in realtà condizionata dalle esperienze avvenute lungo tutta la vita.

Le caratteristiche dello studio

La proposta di Crimmins si basa sul confronto degli indicatori delle principali influenze di carattere sociale con ciò che può essere misurato in biologia in merito alle condizioni di salute legate all’età. Ciò consente di vedere quanta parte della variabilità dei risultati è spiegata da fattori sociali e quanta dai fattori biologici rilevati. A tal fine, è stato esaminato un campione di 1159 individui, i cui dati sono stati raccolti grazie a uno studio, svolto nel 2016 a livello nazionale, rappresentativo degli americani di età superiore ai 56 anni, l’Health and Retirement Study (HRS). I dati sono stati organizzati in griglie di confronto che collegano quattro tipologie di condizioni di salute tipicamente legate all’invecchiamento (funzionalità fisiche, funzionalità cognitive, comorbilità e mortalità) agli indicatori dei marcatori sociali e agli indicatori dei marcatori biologici dell’invecchiamento.

Analisi dei risultati

Il quadro generale che emerge dall’incrocio di dati tra le quattro condizioni di salute tipicamente legate all’invecchiamento e i marcatori sociali dell’invecchiamento non offre dubbi all’interpretazione: basso status sociale, circostanze avverse, gravosi stati psicologici e comportamenti di salute particolarmente nocivi, sono tutti fattori predittivi di uno stato di salute fortemente compromesso. Più complessa è l’interpretazione dei dati quando il match è tra tutti gli indicatori in gioco. Tuttavia, lo studio conferma che la variabilità nell’invecchiamento umano è fortemente legata a fattori sociali; e rimane tale quando si introducono parametri biologici.

Prospettive di ricerca

I risultati di questo lavoro empirico invitano seriamente a dirigere l’attenzione sulle caratteristiche sociali del processo dell’invecchiamento umano, perché esse rappresentano indicatori qualitativi che andrebbero utilmente incorporati nell’indagine prettamente biologica, al fine di progredire nella comprensione dei processi di invecchiamento. Dalla prospettiva di Crimmins, tuttavia, i fattori sociali – per condizionare così tanto i processi di invecchiamento – devono in qualche modo entrare “sotto la pelle” degli individui attraverso meccanismi biologici. Quindi, la sua ipotesi è che se fossimo in grado di catturare nella maniera più esaustiva possibile i meccanismi biologici di base dell’invecchiamento, questi spiegherebbero la variabilità sociale.

D’altra parte – constata in conclusione l’autrice, gerontologa presso la USC Davis School of Gerontology dell’Università della California – anche gli scienziati sociali sono lontani dal riuscire a incorporare coerentemente gli indicatori di tutti i fattori legati alle caratteristiche sociali dell’invecchiamento. Le variabili di norma considerate non catturano completamente tutti gli aspetti della vita legati a difficoltà e privazioni sociali: bisognerebbe, ad esempio, poter sistematizzare tipi di informazioni che possano aiutarci a discernere quali esperienze specifiche portano ad un invecchiamento più rapido.

 

Note bibliografiche

Franceschi, C., Garagnani, P., Parini, P., Giuliani, C., Santoro, A., 2018. Inflammaging: a new immune-metabolic viewpoint for age-related diseases. Nat. Rev. Endocrinol. 14, 576–590. https://doi.org/10.1038/s41574-018-0059-4.

López-Otín, C., Blasco, M.A., Partridge, L., Serrano, M., Kroemer, G., 2013. The hallmarks of aging. Cell 153, 1194–1217. https://doi.org/10.1016/j.cell.2013.05.039.

 

A cura di Emiliano Loria

Photo by Vidar Nordli-Mathisen on Unsplash

 


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