Riferimento bibliografico

Pomeroy, M. L., Cudjoe, T. K. M., Cuellar, A. E., Ihara, E. S., Ornstein, K. A., Bollens-Lund, E., Kotwal, A. A., & Gimm, G. W. (2023). Association of Social Isolation With Hospitalization and Nursing Home Entry Among Community-Dwelling Older Adults. JAMA internal medicine, 183(9), 955–962.

 

In sintesi

Questo studio osservazionale è stato condotto con l’obiettivo di valutare se esiste un’associazione tra l’isolamento sociale e il rischio di dover fruire di ricoveri ospedalieri e/o il collocamento in strutture residenziali a lungo termine (case di cura) in un campione longitudinale nazionale rappresentativo di adulti over 65 anni negli Stati Uniti. Dai risultati dello studio emerge che vi sono poche evidenze rispetto a una associazione diretta tra isolamento sociale e istituzionalizzazione, in quanto sarebbe necessario stratificare la popolazione rispetto ad alcune variabili (ad esempio, le condizioni socioeconomiche); ma dai dati si può comunque concludere che gli anziani socialmente isolati siano a maggior rischio di ricovero ospedaliero, a causa della mancata assistenza preventiva e del peggioramento della salute psico-fisica. Questo studio fornisce quindi nuove evidenze riguardanti l’isolamento sociale come fattore di rischio per l’istituzionalizzazione negli anziani. Gli sforzi effettuati per ridurre l’isolamento sociale tra gli anziani, come promuovere il loro coinvolgimento sociale, potenziare le reti di supporto territoriale e fornire accesso a risorse e servizi, potrebbero contribuire a mitigare questo rischio e migliorare gli esiti di salute complessivi per la popolazione over 65 anni.

 

Il contesto e il punto di partenza

Gli anziani spesso si trovano ad affrontare l’isolamento sociale, una condizione comune in cui si può trovare chi vive da solo benché necessiti di sostegno per affrontare le complesse sfide legate alla salute. Questa situazione può portare a limitazioni funzionali nonché declino della salute mentale e cognitiva, aumentando il rischio di mortalità del 30%. Secondo un rapporto della National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, ente USA no profit di consulenza su temi scientifici e sanitari, è importante distinguere gli effetti dell’isolamento sociale dalla solitudine percepita, poiché riflettono meccanismi sociali diversi, che sono rilevanti per la progettazione degli interventi sociali. Nonostante vi siano numerosi studi sulla relazione tra isolamento sociale e cattive condizioni di salute, pochi si sono concentrati sull’impatto dell’isolamento sociale sull’assistenza sanitaria dal punto di vista del rischio di istituzionalizzazione. Con l’aumento esponenziale dell’isolamento sociale a causa del Covid-19, c’è stato un crescente interesse da parte dei ricercatori verso lo studio dell’ associazione tra isolamento sociale e le nuove traiettorie di assistenza sanitaria negli anziani.

Per colmare questa richiesta, lo studio ha utilizzato dati longitudinali tratti da un campione rappresentativo a livello nazionale di anziani negli Stati Uniti, per testare l’associazione tra isolamento sociale e utilizzo di presidi ospedalieri e case di riposo nel tempo.

 

Le caratteristiche dello studio

Si tratta di uno studio osservazionale di coorte realizzato utilizzando i dati dello studio Health and Retirement Study (HRS) dal 1° marzo 2006 al 30 giugno 2018. L’HRS è un’indagine longitudinale rappresentativa a livello nazionale che registra ogni due anni le tendenze associate alla salute, all’occupazione e al patrimonio tra 20.000 anziani residenti negli Stati Uniti. Nel 2006 l’HRS ha iniziato a utilizzare un Questionario Psicosociale e sullo Stile di Vita auto-somministrato (SAQ). Il Campione A ha ricevuto il SAQ nel 2006, 2010 e 2014, mentre il Campione B ha ricevuto il SAQ nel 2008, 2012 e 2016. Le ospedalizzazioni, i soggiorni in strutture per la riabilitazione e il ricovero in case di cura sono stati misurati a intervalli di 2 anni dopo ogni punto temporale. L’isolamento sociale tra gli anziani che vivono nella comunità è stato concettualizzato come una mancanza oggettiva di contatto sociale a casa e nella comunità. Per valutare in modo oggettivo questo concetto, è stato utilizzato un sistema di misura dell’ isolamento sociale composto da 6 item, adattato da lavori precedenti condotti nell’HRS e nell’English Longitudinal Study of Aging, un’indagine correlata all’HRS. Questa scala di isolamento sociale include 6 componenti, che registrano diversi aspetti del contatto sociale, delle interazioni di rete e dell’impegno nella comunità, tra cui: (1) stato civile, (2) situazione abitativa, (3) frequenza di contatti con i figli, (4) frequenza di contatti con la famiglia, (5) frequenza di contatti con gli amici e (6) partecipazione sociale a gruppi, club, organizzazioni sociali o servizi religiosi. Questi elementi sono stati sommati per creare un punteggio continuo che può variare da 0 a 6, dove un punteggio più alto indica un maggiore isolamento; un punteggio maggiore o uguale a 3 è stato utilizzato come cut-off.

 

I risultati ottenuti

Lo studio ha incluso un campione di 21.294 osservazioni di persona-anno, derivato da 11.517 anziani residenti nella comunità negli Stati Uniti. In totale, il 57% dei partecipanti erano donne, il 43% uomini. Il 58,2% aveva un’età compresa tra i 65 e i 74 anni. Circa il 15% era socialmente isolato, il 23% era solo, e il 12% è stato classificato con in corso una sintomatologia depressiva.
Dai risultati è emerso che gli adulti anziani con punteggio di isolamento sociale pari o superiori a 3 tendevano anche ad avere punteggi più alti di solitudine e di sintomi depressivi; erano più spesso donne, fumatori e non fisicamente attivi; avevano più difficoltà con le attività, strumentali e no, della vita quotidiana e almeno due malattie croniche; inoltre riferivano più frequentemente di aver ricevuto una diagnosi di demenza. Da un’analisi dei dati raccolti è emerso che i punteggi di isolamento sociale più alti sono risultati significativamente associati a un aumento delle probabilità di ricovero in case di cura sia per gli uomini sia per le donne, mentre l’associazione tra isolamento sociale e ospedalizzazione non è risultata statisticamente significativa né per il sesso maschile né per quello femminile.

 

Limiti dello studio

Questo studio presenta alcuni limiti: i dati raccolti sono osservazionali, per cui è difficile trarre delle conclusioni causali (causa-effetto), ad esempio l’isolamento sociale potrebbe essere più comune negli anziani che hanno uno stato avanzato di malattia e potrebbe essere proprio questo piuttosto che l’isolamento sociale ad essere associato all’uso maggiore dei servizi di cura. Tuttavia, nell’English Longitudinal Study of Aging sono stati condotti lavori precedenti che hanno prodotto risultati simili, pur avendo escluso i partecipanti che avevano uno stadio avanzato di malattia. Inoltre, nei data set non erano inclusi fattori che potrebbero essere associati direttamente all’accesso alle cure (ad esempio vicinanza o presenza di mezzi di trasporto diretti verso le sedi cliniche e atteggiamenti riguardanti il ricorso alle delle cure mediche).
Infine, la misura di isolamento sociale utilizzata in questo studio è stata adattata da un insieme di ricerche che utilizzano l’English Longitudinal Study of Aging e da un’indagine correlata all’HRS. Anche se esistono misure validate di isolamento sociale, è necessario un testing psicometrico per convalidare la presente misura per l’HRS.

 

Quale la novità e le prospettive

Questo è il primo studio che si è posto l’obiettivo di indagare l’associazione tra isolamento sociale e ricovero in casa di cura in un campione longitudinale rappresentativo a livello nazionale di adulti di età pari o superiore a 65 anni negli Stati Uniti. Fornisce risultati interessanti, utili per sollecitare la pianificazione da parte delle autorità sanitarie pubbliche e dei sistemi sanitari di interventi utili a ridurre l’isolamento sociale. Come proposta per il futuro, sarebbe utile ricorrere a misure dell’ isolamento sociale oggettive per identificare gli anziani (over 65 anni) che sono a maggior rischio di ingresso in case di cura.

 

A cura di Isabella Santomauro


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