La pandemia di Covid-19 ha mostrato quanto il processo di invecchiamento possa essere vulnerabile se accompagnato da cronicità e fragilità. È più che mai necessario trovare gli strumenti giusti per favorire un invecchiamento attivo e in salute. Vediamo insieme quali sono le dimensioni della salute da considerare per elaborare questi interventi e quali effetti possono avere sulla salute psico-fisica degli anziani.

Era il 2012 quando la Commissione Europea proclamò l’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà tra le Generazioni, accendendo ufficialmente i riflettori sulla sfida epocale che la transizione demografica attualmente in corso pone alla nostra società. L’aumento dell’aspettativa di vita, accompagnato da un crollo dei tassi di fertilità, sta infatti portando ad un forte squilibrio nel rapporto tra anziani e persone in età attiva, squilibrio che può essere parzialmente corretto incentivando la fascia di popolazione più anziana a mantenersi attiva e in salute il più a lungo possibile. L’iniziativa della Commissione Europea ha suscitato numerosi dibattiti e proposte su come trasformare l’aumento dell’aspettativa di vita in un’opportunità concreta per gli individui di partecipare attivamente alla vita lavorativa e sociale. Ma l’arrivo improvviso della pandemia di Covid-19 ha drammaticamente mostrato quanto il processo di invecchiamento sia ancora estremamente vulnerabile, oltre che variegato. Infatti, non è l’età avanzata in sé a rappresentare il principale fattore di rischio di esito negativo in caso di positività al virus, ma quella accompagnata da multi-morbilità e fragilità. È quanto mai evidente la necessità di investire concretamente in programmi e politiche volte, da un lato, a rendere gli individui consapevoli della necessità di adottare stili di vita corretti per perseguire un invecchiamento in salute e, dall’altro, a fornire ai singoli, alle loro famiglie e alle comunità in cui vivono gli strumenti necessari a mantenersi attivi nel tempo.

La definizione di un buon programma di invecchiamento attivo e in salute: quali dimensioni considerare?

Elaborare un efficace intervento di healthy e active aging è però molto complesso, in quanto complesso è il fenomeno dell’invecchiamento in sé. La combinazione di fattori fisici, mentali, sociali ed economici determinano la traiettoria che ciascun individuo seguirà nel suo percorso di invecchiamento. È ormai ben noto come i danni cellulari e molecolari che inevitabilmente accompagnano l’avanzare dell’età possano portare all’insorgenza di malattie croniche e fragilità. Si discute ancora poco, invece, dell’impatto dei cambiamenti psicosociali sulla qualità dell’aging. Si pensi ad eventi come il pensionamento o la perdita di una persona cara. Questi hanno una forte influenza su condizioni di vita, situazione economica e relazioni sociali, che, a loro volta, influenzano le condizioni di salute psico-fisica.

Data la complessità del fenomeno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha suggerito che un buon programma di invecchiamento attivo e in salute debba operare su almeno tre dimensioni. La prima è quella della salute fisica. In questa dimensione rientrano tutti gli interventi volti a monitorare le effettive condizioni di salute dei soggetti, a favorire la prevenzione della salute e la promozione di stili di vita salutari. La seconda è quella della salute mentale. In questa dimensione rientrano gli interventi volti al mantenimento delle abilità cognitive, alla gestione dello stress, alla promozione dell’autostima e all’elaborazione di eventi negativi. L’ultima dimensione è quella della salute sociale e comprende gli interventi volti a stimolare la socialità degli individui e la partecipazione alla vita comunitaria.

A livello europeo, numerose sono state le politiche pubbliche volte a promuovere le singole dimensioni di salute nella fascia di popolazione più anziana. Rilevante è, ad esempio, lo sforzo fatto dai paesi nordici nella promozione di stili di vita salutari. Bisogna però sottolineare come altri attori del modo del privato, delle parti sociali e del terzo settore abbiano recentemente maturato una certa consapevolezza sull’importanza della questione e intrapreso numerose iniziative per contribuire a fornire soluzioni e risposte mobilitando risorse non pubbliche. In particolare, il tema della qualità della vita si è affermato come un aspetto importante del welfare aziendale per numerose imprese.

Un esempio di buone pratiche: il programma Invecchiamento di Successo della Fondazione Ferrero

In Italia un esempio pionieristico di questo tipo di interventi è rappresentato dal programma “Invecchiamento di Successo” avviato sin dal 1983 dalla Fondazione Ferrero e rivolto ai propri dipendenti che possano vantare almeno 25 anni di anzianità aziendale, i cosiddetti “anziani Ferrero”. Nel tentativo di intercettare i fattori che maggiormente contribuiscono alla fragilità degli anziani, il programma opera su tutte e tre le dimensioni della salute promosse dall’OMS. Dal punto di vista della salute fisica, la Fondazione offre un servizio di monitoraggio sanitario, con visite di controllo periodiche da parte del personale medico e infermieristico occupato presso la Fondazione stessa. Inoltre, la Fondazione opera da intermediaria per facilitare l’accesso alle cure sanitarie presso istituti convenzionati e si fa promotrice di stili di vita salutari, proponendo una serie di corsi di attività fisica per prevenire e combattere le patologie tipiche dell’invecchiamento. Dal punto di vista della salute mentale, la Fondazione offre tutta una serie di attività volte al mantenimento delle funzioni cognitive, allo sviluppo dell’autostima e del buonumore, come corsi di teatro, ballo o fotografia. Per quanto riguarda la salute sociale, la Fondazione incoraggia la partecipazione a numerose attività di volontariato a livello comunitario e propone un’ampia serie di iniziative di carattere culturale.

Uno studio condotto dall’Università Cattolica ha cercato di valutare gli effetti della partecipazione al programma sulle condizioni psico-fisiche dei partecipanti. In generale, i soggetti che frequentano la Fondazione, se confrontati con soggetti sostanzialmente identici ma che non frequentano, mostrano una maggiore propensione a seguire uno stile di vita salutare. In particolare, sono più propensi a fare attività fi sica, ad aderire a un regime alimentare in linea con i principi della dieta mediterranea e registrano una minore diffusione di abitudini nocive, quali fumare e consumare abitualmente alcolici. Contestualmente, mostrano interazioni sociali più intense e di qualità. Queste differenze negli stili di vita risultano – a parità di altre condizioni – più marcate per la popolazione più anziana, quella degli over 75, che vantano, inoltre, relazioni sociali paragonabili a quelle di soggetti di dieci anni più giovani. La partecipazione al programma consente inoltre di ridurre la probabilità di un deterioramento delle condizioni di salute fisica (malattie cardiovascolari e neurodegenerative, diabete, tumori, malattie dell’apparato respiratorio e muscoloscheletrico) e mentale. Quest’impatto si traduce in una traiettoria di invecchiamento più sana e longeva. A 65 anni i frequentanti possono aspettarsi di vivere ancora 14 anni in buone condizioni di salute (circa il 68% dell’aspettativa di vita rimanente), ovvero senza severe patologie croniche o limitazioni funzionali. Quest’aspettativa di vita in salute è di 5 anni superiore rispetto a quella dei non partecipanti, e migliore anche rispetto all’aspettativa di vita stimata dall’Istat (l’aspettativa di vita in salute a 65 anni è pari a 12,4 anni).  La grande maggioranza dell’impatto positivo del programma nel ridurre la probabilità di soffrire di malattie croniche e disabilità, intorno ai tre quarti, è direttamente dovuta all’intervento multidimensionale – la combinazione del monitoraggio sanitario, educazione e promozione della salute e impegno sociale. L’effetto sul benessere mentale, invece, risulta principalmente mediato dalle relazioni sociali che determinano una minore probabilità di soffrire di malessere mentale.

Il messaggio di questo lavoro è quindi che le condizioni di salute degli anziani devono essere considerate insieme ai cambiamenti psicologici e sociali associati all’invecchiamento. La definizione di interventi che integrano contenuti incentrati sulla persona, ovvero screening e promozione della salute, a contenuti incentrati sull’ambiente, ovvero l’integrazione sociale, risultano infatti essere i più efficaci per aumentare sia la quantità che la qualità della vita.

A cura di Elena Villar e Carmela Rinaldi

 

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Bibliografia

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