Negli anni ‘80 in Giappone venne definita una pratica chiamata Shinrin-yoku che consiste nell’immergersi nella natura, in particolare nei boschi, con un atteggiamento di consapevolezza e apertura sensoriale. Questo termine è stato coniato dal Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca nipponico nel 1982 e può essere tradotto come “immergersi nell’atmosfera della foresta” o, sinteticamente, “bagno nella foresta“.
Lo sviluppo del Shinrin-yoku come pratica terapeutica è stato una risposta alla rapida urbanizzazione e ai progressi tecnologici che hanno interessato il Giappone. Dagli anni ’70, il paese ha infatti assistito a un aumento sostanziale di ansia e malattie legate allo stress, attribuibili alla crescente urbanizzazione e alle lunghe ore di straordinario. I giapponesi hanno addirittura coniato un termine (Karoshi) per indicare la “morte da superlavoro”. Questi disturbi psicofisici e la maggiore esposizione agli ambienti urbani, con i relativi problemi di salute, hanno portato a un crescente interesse per la ricerca di modi per riconnettersi con la natura.
Il concetto di Bagno nella foresta trae ispirazione dalle antiche pratiche shintoiste e buddiste che enfatizzano le qualità spirituali, curative e rigeneranti della natura. La cultura nipponica celebra da tempo le connessioni spirituali ed estetiche tra gli esseri umani e il mondo naturale. Le foreste, in particolare, occupano un posto speciale nella cultura giapponese, spesso associate a tranquillità, bellezza e rinnovamento spirituale. Questa pratica incorpora anche altri elementi della cultura tradizionale giapponese , come l’apprezzamento della bellezza del paesaggio e la pratica della consapevolezza.
Pertanto, il governo giapponese ha avviato una serie di studi per indagare i benefici per la salute derivanti dal trascorrere del tempo nei boschi. Questi studi hanno esaminato gli effetti fisiologici e psicologici dell’immersione in un ambiente forestale. I ricercatori hanno misurato diversi indicatori, come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, i livelli di cortisolo e la risposta del sistema immunitario, prima e dopo che i partecipanti si fossero impegnati in attività motorie o meditative nella foresta.
Questi studi hanno anche portato al riconoscimento e alla promozione del bagno nella foresta come pratica terapeutica in Giappone e come forma di prevenzione sanitaria. Negli anni ’90, il governo giapponese ha iniziato a finanziare i cosiddetti sentieri Shinrin Yoku. Il primo sentiero Shinrin Yoku ad aprire in Giappone è stato quello di Akasawa, nella prefettura di Nagano, in un’area nota come il Sentiero dei Samurai. La foresta di Akasawa è considerata una delle più belle del Giappone per la sua abbondanza di cipressi, ed è nota come Foresta Ricreativa Nazionale di Akasawa o “Foresta del Riposo”. È stata designata Centro di Terapia Forestale nel 2006 e dispone di otto sentieri Shinrin-Yoku per soddisfare le esigenze di forma fisica e di tempo di diverse persone. Questi sentieri variano da 1,5 km a 3,5 km di lunghezza. Da allora, il bagno nella foresta ha ottenuto un riconoscimento internazionale come forma di terapia naturalistica e si è diffuso in altri paesi e numerosi studi ne hanno approfondito i benefici.
Parallelamente, negli stessi anni in cui veniva sviluppato il concetto di bagno nella foresta, il biologo e sociobiologo Edward O. Wilson pubblicò il libro “Biophilia” (Harvard University Press, 1984). Nel suo saggio, Wilson sostiene che gli esseri umani hanno una tendenza innata a cercare connessione con la natura e con altre forme di vita. Questo legame non è solo culturale o estetico, ma biologico ed evolutivo. Infatti, gli esseri umani si sono evoluti in ambienti naturali per il 99% della loro storia. Questo ha sviluppato nei nostri cervelli e corpi una preferenza per ambienti ricchi di segni di vita: acqua, vegetazione, animali, paesaggi aperti ma con riparo. In particolare, le persone tendono a preferire paesaggi che assomigliano alla savana africana – l’ambiente in cui si è evoluto l’Homo sapiens – con alberi distanziati, colline, corsi d’acqua e orizzonti aperti.
Le applicazioni pratiche della biofilia possono riguardare:
- L’architettura: architetti e urbanisti hanno iniziato a integrare elementi naturali in edifici e città (piante, luce naturale, materiali organici, fontane, pareti verdi) con l’obiettivo di migliorare la salute mentale, la creatività e la produttività.
- L’edilizia sanitaria: ospedali progettati secondo principi biofilici mostrano risultati migliori in termini di guarigione, riduzione del dolore e dell’ansia.
- L’edilizia scolastica e l’educazione: il contatto regolare con la natura è associato a migliori risultati cognitivi, emotivi e comportamentali nei bambini.
Appurato che il contatto con la natura è un bisogno vitale per l’uomo, allora è stato possibile definire il concetto di disturbo da deficit di natura. Ciò è stato descritto per la prima volta da Richard Louv nel suo libro “L’ultimo bambino nel bosco” (Rizzoli, 2006). Sebbene non sia un disturbo clinicamente riconosciuto, si riferisce alle conseguenze negative del trascorrere meno tempo nella natura, in particolare tra i bambini. Alcune ricerche, infatti, indicano che i bambini dei giorni nostri trascorrono meno tempo all’aperto, meno tempo a dedicarsi a giochi non strutturati e meno tempo a vivere la natura rispetto alle generazioni precedenti, mentre per contro, trascorrono più tempo in casa impegnati in attività sedentarie come guardare la televisione, usare dispositivi elettronici o videogiochi. Questo tipo di disconnessione dalla natura può avere effetti negativi sulla salute mentale e fisica. La mancanza di esposizione a spazi verdi e ambienti naturali è stata collegata a livelli di stress più elevati, tassi più elevati di problemi di salute mentale, riduzione delle funzioni cognitive e diminuzione del benessere generale.
In generale, il bagno nella foresta si può associare a tutte le pratiche che tendono a migliorare l’attività del sistema nervoso parasimpatico, cioè di quella parte del sistema neurovegetativo che si occupa del riposo e della digestione. Recentemente è stata attribuita al sistema parasimpatico anche un’azione antiinfiammatoria.
Queste pratiche spaziano dalla respirazione controllata, alla meditazione, dallo Yoga al Tai Chi e comprendono anche il semplice atto di ammirare paesaggi naturali, opere d’arte o ambienti/oggetti esteticamente piacevoli. Un articolo pubblicato su Science, riporta che negli ospedali, i pazienti con vista su un paesaggio naturale guarivano più in fretta e con meno analgesici rispetto a chi vedeva un muro. E ancora, un altro articolo sul prestigioso Journal of Neurophysiology, sostiene che osservare opere d’arte attiva il sistema di ricompensa nel cervello, simile a quello che si attiva con il buon cibo o le relazioni affettive. Cosa che può certamente essere estesa anche all’osservazione della natura.
Fëdor Dostoevskij, uno dei più grandi scrittori russi del XIX secolo, fa pronunciare al principe Myškin, protagonista del romanzo “L’idiota” (1869), la celebre frase “La bellezza salverà il mondo“. La bellezza a cui Dostoevskij allude non è però soltanto estetica, ma anche spirituale, morale, ambientale e quella legata alla verità e al bene.
Facciamo tesoro di questa frase illuminante e circondiamoci di Natura e di Bellezza.
Riferimenti bibliografici
- Hansen MM, Jones R, Tocchini K. Shinrin-Yoku (Forest Bathing) and Nature Therapy: A State-of-the-Art Review. Int J Environ Res Public Health. 2017 Jul 28;14(8):851. doi: 10.3390/ijerph14080851. PMID: 28788101; PMCID: PMC5580555.
- Kellert, S. R., Heerwagen, J., & Mador, M. (2008). Biophilic Design: The Theory, Science and Practice of Bringing Buildings to Life. Wiley.
- Ulrich, R.S. (1984). “View through a window may influence recovery from surgery.” Science, 224(4647), 420–421.
- Kawabata, H. & Zeki, S. (2004). “Neural correlates of beauty.” Journal of Neurophysiology, 91(4), 1699–1705.