Negli ultimi due anni la pandemia da Covid-19 ha portato alla ribalta temi e aspetti della medicina di cui, probabilmente, prima non si parlava molto. I termini “intubazione” e “terapia intensiva” sono apparsi prepotentemente sulle testate di giornali, sui siti internet e sui social network e sono diventate le parole più utilizzate per la descrizione delle condizioni cliniche più gravi. Inevitabilmente, l’impatto mediatico di questo fenomeno non ha tardato a manifestarsi e in automatico questi termini sono diventati sinonimi di malattia grave e fatale. Di conseguenza i sanitari si sono trovati spesso in difficoltà nel comunicare con il paziente, anche nei casi in cui questi termini venivano utilizzati in riferimento a procedure chirurgiche piuttosto elettive (cioè programmate) e routinarie.
Ma qual è la realtà dei fatti dal punto di vista medico? Quali sono i casi in cui è necessaria l’intubazione? E quali sono i rischi? Facciamo un po’ di chiarezza.

L’intubazione è una procedura che consente l’inserimento di un tubo di plastica in trachea, passando attraverso l’apertura delimitata dalle corde vocali, per assistere i pazienti nella respirazione e nella protezione delle vie aeree da possibili inalazioni di materiale gastrico. Uno strumento chiamato laringoscopio permette di avere una visione adeguata delle vie aeree così da poter posizionare correttamente il presidio. Una volta introdotto in trachea, il tubo viene collegato a un ventilatore, che sostituisce o assiste la funzione polmonare del paziente e consente quindi la respirazione e lo scambio dei gas, necessari al mantenimento delle funzioni vitali. L’intera procedura viene eseguita sempre con il paziente opportunamente sedato e impostando un’adeguata terapia antidolorifica, così da ridurre al minimo il fastidio e far sì che non si ricordi nulla dell’esperienza. L’intubazione si configura come necessaria in diversi contesti: la sala operatoria, la terapia intensiva e determinate situazioni di emergenza.

L’intubazione in sala operatoria

È una manovra che viene eseguita di routine in sala operatoria, per interventi chirurgici, elettivi e non, che richiedono anestesia generale. Non è una procedura scevra da rischi, motivo per cui è sempre preceduta da un’attenta valutazione anestesiologica preoperatoria, volta a capire tutte le problematiche e complicanze che potrebbero insorgere nel corso dell’anestesia e dell’intervento. In particolare, l’anestesista in genere valuta esami ematochimici e strumentali del paziente, fa una valutazione del rischio operatorio e osserva il malato dal punto di vista anatomico, al fine di individuare caratteristiche che potrebbero complicare la manovra dell’intubazione (apertura buccale limitata, presenza di incisivi sporgenti, ridotta flesso-estensione del collo ecc…).
Con un’accurata valutazione preoperatoria, l’anestesista si prepara ad affrontare e risolvere le complicanze prevedibili.

Negli anni, nuove conoscenze e nuove tecniche hanno permesso la creazione di algoritmi precisi da seguire per gestire al meglio le vie aeree del paziente e ridurre al minimo le complicanze e le difficoltà legate alla manovra di intubazione. Infatti, negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi strumenti che possono essere di aiuto nei casi di particolare difficoltà: una vera rivoluzione è stata quella a del videolaringoscopio, che ha reso possibile l’intubazione anche in pazienti per i quali il successo della manovra era ostacolato da specifiche caratteristiche patologiche o anatomiche. Questo strumento, tramite uno schermo posizionato all’apice del suo manico, consente una visione esterna e indiretta delle corde vocali. Questo e altri presidi hanno permesso un netto aumento della percentuale di successo della manovra. Tutti gli strumenti che possono essere d’ausilio in caso di intubazione difficile, prevista e non, sono di norma sempre pronti all’uso o facilmente reperibili nelle sale operatorie.
Infatti, dai dati degli ultimi anni emerge che la percentuale di fallimento della manovra di intubazione e delle complicanze dell’anestesia generale è sempre più bassa.

L’intubazione in terapia intensiva

In terapia intensiva, invece, la manovra di intubazione viene utilizzata in pazienti critici che per svariate motivazioni non sono più in grado di respirare in maniera autonoma. Si lascia spesso come ultima opzione, vagliando prima altre possibili strade che garantiscano un supporto alla ventilazione del paziente, permettendogli di essere ancora cosciente e di partecipare alla respirazione. Quando ciò non risulta più sufficiente, allora l’intubazione rimane l’ultima importante risorsa per garantire al malato i preziosi scambi respiratori di cui ha bisogno.
Ritornando alla pandemia, i casi più gravi di infezione da Covid-19 necessitano di intubazione a causa del quadro infiammatorio che si sviluppa a livello polmonare, e che porta a una inevitabile riduzione della funzionalità dell’apparato respiratorio.
In questi casi, l’intubazione e la ventilazione meccanica garantiscono al paziente l’adeguato scambio di gas, necessario per supportare le funzioni vitali.

L’impatto psicologico e l’importanza della comunicazione

Questa tecnica è spesso molto temuta, anche in pazienti che devono sottoporsi ad anestesia generale per un intervento programmato: la paura di non essere coscienti di ciò che accade, di non avere il controllo del proprio corpo e di doversi affidare completamente ai medici anestesisti rianimatori non è cosa da poco dal punto di vista psicologico. Il colloquio tra il paziente o i parenti dei pazienti e l’anestesista non è così semplice e, dopo la pandemia, probabilmente è diventato anche più complesso. Il timore di fronte a termini come “intubazione” e “terapia intensiva” è senz’altro giustificabile e comprensibile, ma probabilmente le immagini trasmesse sui social e gli eventi degli ultimi due anni hanno portato a una esacerbazione di questo sentimento.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto per i casi di chirurgia elettiva, l’intubazione si configura come una procedura reversibile, seppure invasiva e non priva di complicanze. Spesso, invece, nei malati più gravi e nelle procedure d’urgenza, l’intubazione rappresenta l’unica alternativa valida per supportare le funzioni vitali. Ovviamente si tratta di situazioni complesse che non possono essere banalizzate e che non devono essere affrontate con leggerezza, ma sempre tenendo conto del rapporto rischio/beneficio.
Conoscere cosa sono e come avvengono queste procedure è importante per non affrontarle a cuor leggero e per garantire maggiore consapevolezza.
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Per questo la comunicazione medico-paziente o medico-parenti, qualora si tratti di necessità di intubazione in terapia intensiva per pazienti critici, è fondamentale e deve rappresentare il primo passo verso un percorso di fiducia condiviso. Infatti, la spiegazione di ciò che viene fatto, delle tecniche utilizzate e delle fasi di una procedura medica, spesso lontana dalla quotidianità delle persone, è il il modo più efficace per costruire la fiducia tra medico e paziente. Prima di farsi prendere dal panico pensando al peggio, è meglio ricordare che costruire questo rapporto di fiducia è compito del medico e, in qualche modo, anche del paziente, che deve esprimere le sue paure, senza però aver paura di fare tutte le domande necessarie.

A cura di Martina Fracazzini e Francesca Santangelo

 

Fonti:

  • M. Daniel, B. Fohlen, M. Lebrun, S. Ferrier, B. Cholley, Intubazione: tecniche, indicazioni, attrezzature, complicanze, EMC – Otorinolaringoiatria, Volume 20, Issue 3, 2021, Pages 1-19, ISSN 1639-870X,
    https://doi.org/10.1016/S1639-870X(21)45509-1
  • G. Nardi, E. De Blasio, R, Ciraolo, Linee guida per un centro di rianimazione, Antonio Delfino Editore, 2019

 

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