Può capitare, mentre si mangia, che il cibo si “blocchi” in gola causando una sensazione di soffocamento oppure che alimenti liquidi vadano di traverso, causando una tosse riflessa. A parte i singoli episodi, privi di significato clinico, gli esperti definiscono disfagia questo tipo di disturbo quando si presenta di sovente.

Quali sono le cause di disfagia nell’anziano?

Con questo termine si intende una difficoltà di deglutizione che impedisce agli alimenti, ma anche a farmaci, di arrivare correttamente nello stomaco. Tuttavia, nel soggetto anziano, oltre ad essere segno e sintomo di una patologia, può essere semplicemente espressione del normale processo di deterioramento che colpisce la funzione della deglutizione in 1 individuo su 10 con più di 60 anni, esattamente come quanto accade per vista ed udito.

In ogni caso, quando questo disturbo si presenta con una certa frequenza, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante in modo da poterne indagare le cause. Infatti, oltre all’invecchiamento, la disfagia può essere correlata a patologie neurologiche, come ictus, Parkinson, demenza, ma anche a malattie oncologiche come i tumori della testa e del collo. A volte, questa difficoltà di deglutizione, può essere invece dovuta alla ridotta produzione di saliva (xerostomia), quale effetto collaterale di alcuni farmaci come antidepressivi, antipsicotici e neurolettici.

Come è possibile riconoscere precocemente la disfagia?

Il primo campanello d’allarme è rappresentato dalla comparsa di tosse durante i pasti, in particolare quando si assumono alimenti a doppia consistenza come ad esempio minestrone, pastina in brodo, fette biscottate/biscotti nel latte, ma anche mentre si beve. Tuttavia non vanno trascurati anche altri sintomi come la sensazione di soffocamento, la presenza di residui di cibo in bocca, la comparsa di raucedine o voce gorgogliante, l’eccessiva produzione di saliva, qualche linea di febbre e la perdita di peso.

È chiaro che se questo disturbo non viene prontamente riconosciuto si possono avere importanti conseguenze come la malnutrizione calorico-proteica e la disidratazione, ma anche la pericolosa polmonite da aspirazione (polmonite “ab ingestis”) dovuta al passaggio di cibo nelle vie respiratorie.

Un primo strumento di screening, per un precoce riconoscimento del rischio di disfagia, è rappresentato da un questionario (EAT 10) composto da 10 domande, che può essere compilato in autosomministrazione o da un familiare e poi portato in visione al Medico di Medicina Generale.

Per una corretta valutazione del sintomo e per un approfondimento diagnostico ci si potrà poi rivolgere a personale specialistico, rappresentato da Logopedisti, Fisiatri, Foniatri e Otorinolaringoiatri.

Quali accorgimenti dietetici?

In presenza di difficoltà di deglutizione è necessario elaborare i pasti in funzione delle caratteristiche reologiche degli alimenti (consistenza, scivolosità, coesione, omogeneità) sulla scorta delle indicazioni provenienti dalle valutazioni specialistiche, in particolare foniatrico/logopediche, al fine di garantire la sicurezza del paziente, evitando il passaggio di cibo nelle vie respiratorie.

Riferendosi al documento di standardizzazione internazionale IDDSI, a seconda dei casi, si può ricorre a due tipi di dieta:

  • Morbida
    Adatta a chi presenta il disturbo in forma più lieve, è una dieta composta da cibi soffici, schiacciabili e riducibili a pezzetti, che richiedono poca masticazione. Nel menù possono essere inclusi: pasta ben cotta di piccolo formato, gnocchetti, carni ben cotte tritate, polpettoni, omelette, formaggi freschi, verdura cotta priva di filamenti anche sotto forma di sformati, frutta cotta o molto matura senza buccia e semi.
  • Semi-liquida/purea
    Adatta a chi presenta il disturbo in forma più grave, è una dieta fluida, omogenea, passata, che non necessita di masticazione. Da assumere in genere con il cucchiaio, ma in alcuni casi anche con la forchetta. Si possono portare in tavola: semolini densi, creme di cereali, polenta morbida, omogenizzati di carne/presce/formaggio, formaggi cremosi (ricotta robiola), purea di patate, puree di verdura, puree di frutta senza buccia e semi, omogenizzati di frutta, mousse salate e dolci, yogurt cremosi privi di frutta a pezzi, budini, panna cotta, dessert cremosi.

Occorre peraltro sottolineare che le diete di consistenza modificata possono risultare inadeguate a coprire il fabbisogno calorico-proteico e, soprattutto, di vitamine, sali minerali e fibra. È possibile tuttavia inserire integratori in polvere da aggiungere agli alimenti semiliquidi o di consistenza purea, oppure utilizzare alimenti in polvere da ricostituire, budini o creme arricchiti e a composizione nota, forniti dall’industria.

È necessario quindi che l’elaborazione del piano dietetico sia effettuato da un esperto team di specialisti (Medico nutrizionista e Dietista), in modo da poter garantire oltre alla sicurezza della deglutizione anche la prevenzione di deficit nutrizionali.

A cura di Sergio Riso Direttore Struttura Complessa Scienza dell’Alimentazione e Dietetica – AOU “Maggiore della Carità” Novara Vice Presidente SINPE (Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo)

Bibliografia

  • Belafsky PC, Mouadeb DA, Rees CJ, Pryor JC, Postma GN, Allen J, Leonard RJ. Validity and reliability of the Eating Assessment Tool (EAT-10). Annals Otology Rhinology & Larynology 2008; 117(12): 919-924
  • International Dysphagia Diet Standardisation Initiative. https://iddsi.org

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