Riferimento bibliografico

Weber, D., Loichinger, E. Live longer, retire later? Developments of healthy life expectancies and working life expectancies between age 50–59 and age 60–69 in EuropeEur J Ageing (2020). https://doi.org/10.1007/s10433-020-00592-5

 

In sintesi

Lo spostamento in avanti dell’età pensionabile è sostenibile soltanto a fronte del mantenimento di una buona salute generale. Da un lato l’aspettativa di vita lavorativa (cioè gli anni di lavoro che una persona di una data età ha di fronte a sé prima di lasciare l’attività) si è alzata in tutti i Paesi europei, ma dall’altro lato, a fronte una generale crescita dell’aspettativa di vita lavorativa sussistono importanti disuguaglianze nelle condizioni di salute in età avanzata, sia tra i diversi Paesi e sia nei sottogruppi socio-economici di popolazione. Le scelte politiche di estendere la partecipazione alla vita lavorativa dovrebbero quindi avvalersi di analisi socio-demografiche attente alle specificità locali e alla significativa correlazione tra educazione, salute generale e abilità lavorative.

 

Il contesto e il punto di partenza

L’invecchiamento della popolazione, unitamente ai bassi livelli di fecondità, ha inevitabilmente effetti sulla sostenibilità economica di ciascun Paese. In particolare, il graduale incremento della popolazione inattiva rispetto a quella attiva impone, per garantire il funzionamento dei sistemi previdenziali, revisioni dell’età pensionabile. La soluzione adottata, ormai in maniera omogenea, da tutti i Paesi europei, è quella di innalzare l’età di uscita dal mercato del lavoro. Tuttavia, per evitare che le modifiche siano indifferenziate rispetto alle specificità degli individui, diventa necessario considerare sia le differenze nelle condizioni di salute, sia le differenze socio-economiche.

 

Le caratteristiche dello studio

A fronte dell’aumentata partecipazione degli over 50 alla vita lavorativa nel corso degli ultimi decenni, gli autori analizzano come l’aspettativa di vita lavorativa sia correlata alle condizioni di salute, focalizzandosi su tre dimensioni: stato di salute complessivo, forza fisica e abilità cognitive. Il primo indicatore si basa su risposte soggettive che riflettono la percezione dell’intervistato, mentre gli altri due rispecchiano i valori acquisiti attraverso test ad hoc

L’analisi coinvolge 26 Paesi europei e verifica le relazioni tra le suddette tre dimensioni e l’aspettativa di vita lavorativa nell’intervallo di età 50-59 e 60-69, distinguendo per genere e livello di istruzione. Per definire tali indicatori i ricercatori adottano il metodo Sullivan, utile per confrontare le aspettative di vita nel tempo, facilitando inoltre il confronto internazionale anche per sesso.

 

I risultati ottenuti

In generale, le donne mostrano una partecipazione al mercato del lavoro più bassa rispetto agli uomini, in tutte le classi di età. L’aspettativa di vita lavorativa per le donne è di 7 anni nella fascia d’età 50-59 e di 2,3 nella fascia d’età 60-69, rispetto ai 10 anni disponibili. Invece, per gli uomini tale valore è di 8 anni nella fascia 50-59 e di 3,2 in quella 60-69.

Tra i tre indicatori, in media, per la classe 50-59 quello che presenta un’aspettativa di vita lavorativa più ampia è quello delle condizioni di salute generali, seguito dagli aspetti cognitivi. Mentre nella fascia 60-69, dove l’aspettativa lavorativa è per tutti la più bassa, gli altri indicatori di salute riportano valori più elevati. Nella maggior parte dei Paesi, infatti, sia gli uomini che le donne hanno un’aspettativa di buone condizioni fisiche che varia dai 7 agli 8 anni, mentre oscilla tra i 6 e i 7 anni per le condizioni cognitive.

Le stime hanno evidenziato che le differenze nell’aspettativa di vita lavorativa e negli anni in buona salute si riducono nel tempo a causa della permanenza nel mercato del lavoro oltre i 50 anni. Tuttavia, emergono differenze sostanziali tra questi indicatori se si tiene conto anche del livello di istruzione degli individui, con le persone più istruite che non solo vivono di più, ma sono anche più attive nel mercato del lavoro e hanno in media un’aspettativa di più anni di vita in buona salute. Emerge così che sia donne sia uomini con livelli di istruzione più elevati, all’età di 50 anni, hanno una prospettiva di trascorrere i successivi dieci anni lavorando, e con un buon livello medio di salute, anche sotto il profilo cognitivo. Tale risultato è poi confermato nella fascia di età 60-69 anni, evidenziando però che le differenze nelle aspettative di ciascun indicatore, in questo intervallo di età, risultano più marcate rispetto al livello di istruzione.

 

Le prospettive e i risvolti pratici

Per definire le nuove soglie dell’età pensionabile è necessario che ciascun Paese tenga conto delle proprie peculiarità per gestire al meglio il processo di riduzione delle abilità dei lavoratori e soprattutto delle caratteristiche socio-economiche dei lavoratori, misurabili attraverso il titolo di studio. Malgrado i limiti dovuti a potenziali errori di misura nelle condizioni di salute generali, essendo legate alle norme sociali e aspetti culturali di ciascun Paese, oltre al percepito del singolo, è evidente che per la presente e futura domanda di lavoro sarà fondamentale accrescere i livelli di salute cognitiva nei lavoratori sopra i 50 anni, essendo una caratteristica sempre più importante. Sicuramente l’innalzamento del livello di istruzione medio contribuirà, nel corso degli anni, a migliorare questo indicatore e a rispondere alle esigenze del mercato del lavoro oltre a quelle di una popolazione che sta invecchiando.

 

A cura di Carmen Aina


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