Riferimento bibliografico

Nedergaard M, Goldman SA. Glymphatic failure as a final common pathway to dementia. Science. 2020 Oct 2;370(6512):50-56.

In sintesi

La scoperta di nuove strutture anatomiche coinvolte nell’omeostasi dei fluidi cerebrali è al centro di nuovi studi che riguardano la comprensione dell’eziopatogenesi delle malattie neurodegenerative. Questo modello potrebbe spiegare perché esiste un’associazione così forte tra l’avanzare dell’età, e l’insorgenza di demenza e malattie neurodegenerative.

Il contesto ed il punto di partenza

Il sonno rappresenta un meccanismo fisiologico durante il quale il nostro corpo si rigenera e si riorganizza: i prodotti di scarto del metabolismo cellulare vengono eliminati favorendo così il ripristino delle energie fisiche e psichiche. La qualità del sonno diminuisce con l’avanzamento dell’età e, ad oggi, è riconosciuto come i disturbi del sonno rappresentino un fattore di rischio nello sviluppo di patologie come demenza e altre malattie neurodegenerative. Il nostro cervello, attraverso un proprio sistema di drenaggio linfatico, il sistema glinfatico, durante il sonno riesce a smaltire i prodotti di scarto del metabolismo proteico; con il passare dell’età va però incontro a deterioramento, ciò suggerisce una relazione tra disturbi del sonno e una progressione verso le malattie neurodegenerative.

Caratteristiche dello studio

Questa revisione cerca di fare il punto sulle recenti scoperte in campo neuroanatomico e neurofisiologico che stanno dando un significativo contributo per una migliore comprensione dell’associazione tra invecchiamento e demenza nelle malattie neurodegenerative.

Le evidenze

Il sistema glinfatico è un sistema strutturalmente distinto dal sistema linfatico meningeo, con cui opera in sinergia, adibito al trasporto dei fluidi attraverso gli spazi perivascolari creati dalle estroflessioni degli astrociti. Queste estremità cellulari avvolgono le arterie, i capillari e le vene. La membrana cellulare che prende contatto con la parete dei vasi presenta dei canali dell’acqua che permettono il passaggio dei fluidi verso gli spazi subaracnoidei che circondano il cervello a livello delle meningi, drenando in questo modo il liquido, i metaboliti e i materiali di scarto. L’attività del sistema glinfatico è regolata durante la fase NREM del sonno (la fase iniziale del sonno caratterizzata all’EEG da attività cerebrale ad onde lente) e si interrompe con l’inizio dello stato di veglia. Immagini PET hanno infatti mostrato che la deprivazione del sonno per una singola notte risultava in un significante aumento della concentrazione di amiloide-ß nell’ippocampo e nel talamo, fenomeno che è alla base dello sviluppo dell’Alzheimer. Il fattore di rischio più importante per sviluppare gli aggregati proteici, e quindi sviluppare demenza, è l’età. Per capire perché l’invecchiamento predisponga all’accumulo e alla deposizione di questi aggregati dobbiamo considerare tutte quelle condizioni che ne favoriscono la formazione, la crescita e la deposizione a livello cellulare. Il processo di senescenza è associato con un rapido declino del flusso nel sistema linfatico nel cervello. La compromissione della clearance extracellulare da parte del sistema linfatico del cervello si è mostrato un meccanismo patologico chiave dell’invecchiamento. Infatti, il deterioramento del sistema linfatico aumenta l’accumulo di aggregati proteici patologici. L’accumulo di questi prodotti di scarto rappresenta il segno distintivo delle malattie neurodegenerative (es. amiloide-ß nella malattia di Alzheimer; la proteina tau nella demenza fronto-temporale; α-sinucleina nel Parkinson). La funzione di clearance del fluido e dei prodotti di scarto dipende dai canali dell’acqua AQP4. L’espressione di questi canali è ridotta nel cervello umano degli anziani, mentre è stato osservato che una marcata perdita di acquaporine perivascolari localizzate nella corteccia frontale è caratteristico nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. L’invecchiamento comporta un deterioramento della qualità del sonno. L’insonnia è una problematica molto più frequente negli anziani. Il cervello degli anziani, dunque, passa meno tempo nella fase NREM del sonno, con conseguente meno capacità di “ripulirsi” dai prodotti di scarto del suo metabolismo, aumentando così la probabilità di sviluppare demenza.

I risultati

Le evidenze hanno dimostrato quanto sia importante preservare una buona qualità del sonno. Solamente un cervello riposato è capace di pulire efficacemente dai prodotti di scarto generati dall’attività cerebrale svolta durante la veglia, impedendo che si verifichi il ripiegamento in aggregati. Amiloide-ß, proteina tau e α-sinucleina sono tutte presenti nei fluidi extracellulari del cervello e nel fluido cerebrospinale a più alte concentrazioni durante la veglia che durante il sonno. Queste osservazioni suggeriscono un collegamento causale tra il ciclo sonno-veglia, il flusso di fluidi attraverso il sistema glinfatico, e la clearance delle proteine e la loro aggregazione. Suggeriscono inoltre una base concreta per capire l’aumentata incidenza di demenze neurodegenerative osservate con l’invecchiamento.

Prospettive

La conoscenza di nuove strutture anatomiche implicate nella clearence dei prodotti di scarto del metabolismo cerebrale e la comprensione del loro funzionamento potrebbero rappresentare un’ ulteriore possibilità nello sviluppo di protocolli terapeutici mirati. In particolare, lo sviluppo di nuove molecole indirizzate a incrementare l’attività di efflusso del sistema glinfatico potrebbe rappresentare delle opportunità per rallentare la progressione delle malattie neurodegenerative, proprio come l’ottimizzazione della salute cardiovascolare ne potrebbe ritardare l’esordio.   A cura di Giovanni Coratza


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