Invecchiando cambia anche il nostro modo di vivere le relazioni sociali e le amicizie: le nuove interazioni si riducono, la cerchia degli amici si stringe alle amicizie consolidate e ai familiari. Si tratta di un fenomeno noto e confermato dalle ricerche, che può essere spiegato grazie a una teoria psicologica: la teoria della selettività socio-emotiva. Vediamo insieme di cosa si tratta e perché questa teoria può essere rilevante anche per le nostre scelte di salute.

Relazioni, motivazione e percezione del tempo

La teoria della selettività socio-emotiva è stata elaborata negli anni Novanta dalla psicologa Laura L. Carstensen dell’Università di Stanford per spiegare il fenomeno della riduzione nelle interazioni sociali in età avanzata.

Secondo questa teoria, le nostre azioni sono motivate da due tipi di obiettivi: obiettivi conoscitivi, che richiedono la ricerca di informazioni anche attraverso nuove relazioni, e obiettivi emotivi, che mirano a ridurre le emozioni negative e a massimizzare quelle positive.
Le persone anziane tendono a focalizzarsi di più sugli obiettivi emotivi: limitando le relazioni agli affetti cari e consolidati, si riducono i rischi emotivi come tensioni o conflitti, appagando il bisogno di emozioni positive.

In tutto questo gioca un ruolo fondamentale la percezione del tempo: quando una persona percepisce di avere meno tempo a disposizione, tende a focalizzarsi su obiettivi a breve temine, più che su quelli a lungo termine. La creazione di nuove relazioni o la costruzione di amicizie con persone meno prossime del nostro network è un obiettivo che richiede più tempo, più faticoso e meno appagante su un piano emotivo, rispetto a quello di concentrarsi sulle amicizie stabili e significative.
La preferenza di obiettivi di regolazione emotiva si spiega allo stesso modo: gli obiettivi conoscitivi sono a lungo termine, le emozioni appartengono al presente. E nel presente gli anziani sembra che vogliano vivere emozioni positive.

Si chiama effetto positività questo specifico meccanismo di regolazione delle emozioni, che, pur mantenendo una soggettività legata alle esperienze di vita, fa sì che gli anziani guardino alla realtà con un filtro positivo.

Con l’avanzare dell’età notano di più gli stimoli positivi, tendono a guardare al passato in una luce positiva, riducono “l’anticipazione della negatività”, ovvero tendono a non pensare alle conseguenze negative delle loro azioni ma presumono che le decisioni prese andranno a buon fine. Questo cambiamento, secondo la prospettiva motivazionale di Laura L. Carstensen, non è collegato al declino cognitivo, ma a una diversa allocazione delle risorse cognitive nei processi di attenzione e memoria. Perché questa diversa allocazione? Perché il tempo fa cambiare la prospettiva e sposta lo sguardo sugli obiettivi a breve termine, come il benessere emotivo. Si tratta, almeno generalmente, di una soluzione adattiva.

Lo studio sui primati

Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Science, questo caratteristico comportamento di selettività delle amicizie in età avanzata, non sarebbe un’esclusiva umana: pare che lo condividiamo con gli scimpanzé.
Un gruppo di psicologi e primatologi dell’Università di Harvard ha raccolto e analizzato dati che riguardano il comportamento degli scimpanzé che vivono nel Kibale National Park in Uganda. Per oltre 20 anni gli studiosi hanno osservato il comportamento di 21 scimpanzè maschi (i maschi hanno un comportamento più sociale rispetto alle femmine, per cui sono più facili da studiare), annotando la prossimita/distanza tra gli individui reciproca  – gli amici siedono vicini – e il “grooming”, quella sorta di rito sociale durante il quale gli individui si puliscono in modo reciproco. Sulla base di questi parametri che definiscono quanto l’amicizia è stretta e reciproca, i ricercatori hanno avuto conferma di un comportamento analogo a quello umano nel corso del passare degli anni:  anche gli scimpanzé riducono il numero degli amici e privilegiano le amicizie ricambiate e consolidate.  Inoltre gli scimpanzé hanno mostrato di avere un comportamento meno aggressivo, privilegiando le relazioni positive ed evitando i conflitti.

Secondo i ricercatori questa scoperta potrebbe mettere in dubbio la teoria della selettività socio-emotiva. Se infatti si ritiene che questo atteggiamento deliberato è motivato dall’approssimarsi della morte, dalla percezione di avere meno tempo a disposizione e quindi dal tentativo di non sprecarlo con amicizie poco appaganti, allora come si spiega che anche gli scimpanzé si comportino in modo analogo? I ricercatori infatti sottolineano che per quanto intelligenti gli scimpanzè non sono consapevoli della loro mortalità.

La psicologa Laura L. Carstensen invece ritiene che questo studio confermi la sua teoria, purché questa non venga interpretata nel modo sbagliato: il cambiamento nel comportamento relazionale è legato alla percezione consapevole di una fine imminente, non per forza della fine per eccellenza, la morte, ma anche, per esempio, un trasferimento. Inoltre spiega la psicologa “Gli esseri umani possono immaginare tale fine, alcune altre specie probabilmente la percepiscono”.

La teoria della selettività socio-emotiva e l’healthy aging

L’importanza della teoria della selettività socio-emotiva, pur essendo solo una delle possibili spiegazioni del comportamento umano, è particolarmente importante perché si focalizza sulle scelte e sulle strategie individuali. Questo cambiamento nelle interazioni sociali non sarebbe quindi subito, ma strategico e finalizzato al benessere emotivo.

Questo benessere emotivo però non sempre è di aiuto al benessere fisico: potrebbe infatti essere una limitazione nella ricerca di informazioni rilevanti per la salute, informazioni che potrebbero attivare emozioni negative o spiacevoli.

Le ricerche sembrano confermare questo atteggiamento: gli anziani tendono ad evitare le informazioni potenzialmente negative, a privilegiare quelle che hanno una rilevanza personale e sono connotate positivamente e, inoltre, tendono ad evitare o a delegare le decisioni difficili. Si tratta di comportamenti che possono avere conseguenze negative per la salute degli anziani: per esempio possiamo pensare agli errori nell’assunzione di una terapia, legata a un mancato processamento delle informazioni.

La teoria però offre anche possibili soluzioni. In un recente studio, ad esempio, è stato chiesto a partecipanti giovani e anziani se avrebbero richiesto informazioni gratuite, affidabili e anonime sulla loro suscettibilità personale nei confronti di diverse malattie e minacce ambientali. A metà dei partecipanti è stato detto che potevano conoscere il loro ”rischio” (negative instructional framing); all’altra metà è stato detto che potevano conoscere la ”protezione” dalle minacce (positive instructional framing). Gli adulti più anziani si sono mostrati più propensi a richiedere le informazioni se presentate nel quadro della protezione rispetto al quadro del rischio.

La percezione del tempo futuro e le preferenze per obiettivi a breve termine non sono aspetti assoluti ma sono soggetti a fattori contestuali: cambiamenti nel framing emotivo possono incoraggiare la raccolta di informazioni o ridurre l’evitamento. Ciò che conta è fare in modo che le priorità di salute siano calzanti rispetto agli obiettivi personali. I medici e i professionisti sanitari dovrebbero sempre ricordarsi, ma che il messaggio deve essere personalizzato in base agli obiettivi e alle preferenze dell’anziano.

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