“Par zafferano, ma non è, ma vale ben altrettanto a operare”
(citazione attribuita a Marco Polo)
Fiori gialli nascosti all’interno di pseudo-infiorescenze di un bel fucsia sgargiante, foglie lucide color verde intenso, dimensioni che possono raggiungere anche un metro di altezza: sembrerebbe la descrizione della perfetta pianta da appartamento (e spesso lo è), ma non tutti sanno che in realtà questo affascinante vegetale è lo stesso che dà origine alla polvere giallo-oro dal sapore deciso che spesso si utilizza in cucina: la curcuma.
Ebbene sì, il rizoma (radice) giallo-arancio di Curcuma longa, pianta appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, la stessa dello zenzero, originaria dell’Asia meridionale, se essiccato e ridotto in polvere, genera la spezia nota anche come “zafferano delle Indie”, conosciuta in quelle regioni fin dall’antichità e oggi parte dell’alimentazione quotidiana indiana. Oltre al suo ampio uso culinario, che negli ultimi anni è entrato in auge anche in occidente, la curcuma racchiude in sé numerose proprietà medicinali tanto da essere considerata uno dei principali rimedi della medicina orientale, secondo cui svolge prevalentemente un’azione purificatrice e di protezione contro lo stress ossidativo. Il principio attivo responsabile di questi effetti è la curcumina, una molecola naturale appartenente alla famiglia dei curcuminoidi. Per i più curiosi, sarà interessante sapere che ciò che sul mercato risponde sempre (ed erroneamente) agli appellativi di curcuma o curcumina si divide in realtà in almeno quattro categorie di prodotti diversi, ognuno con una sua specifica nomenclatura:
- Curcuma: il rizoma fresco di Curcuma longa;
- Estratto di curcuma: ciò che si ricava dal rizoma fresco o essiccato tramite l’uso di solventi;
- Estratto di curcuma arricchito con curcuminoidi: un precipitato ottenuto dal trattamento del rizoma con solventi, reso più concentrato usando metodi a bassa temperatura e spesso ulteriormente arricchito di curcuminoidi attraverso tecniche più complesse come la cromatografia liquida;
- Curcumina: la singola molecola chimica nella sua completa purezza.

Proprietà e meccanismi di azione
La curcuma è da sempre conosciuta prevalentemente come antinfiammatorio, detossificante e regolatore del metabolismo (riduce il colesterolo e gli zuccheri nel sangue). Nella medicina ayurvedica, è stata utilizzata per facilitare la digestione, per combattere i fenomeni dell’artrite, per febbre, infezioni e problemi al fegato. Più recentemente, sono emersi altri due aspetti interessanti che potrebbero fare comodo soprattutto durante la terza età, periodo della vita in cui, insieme al meritato riposo della pensione, bisogna fare i conti anche con una maggiore prevalenza di malattie, alcune delle quali legate al processo di invecchiamento o comunque più frequenti negli anziani: i tumori e le patologie neurodegenerative. Alcuni studi hanno infatti sottolineato il ruolo protettivo che la curcuma svolgerebbe nei confronti dell’inizio, dello sviluppo e della progressione dei tumori, soprattutto di quelli gastrointestinali (cavo orale, esofago, stomaco, colon), del carcinoma mammario e del melanoma. Sul fronte neurologico, invece, avrebbe un ruolo protettivo contro l’insorgenza della degenerazione neuronale e del decadimento cognitivo che essa comporta, a partire dal morbo di Alzheimer.
Tutti questi effetti potrebbero essere spiegati già dalle stesse proprietà antinfiammatorie della curcuma. È ormai noto che l’infiammazione cronica contribuisce all’invecchiamento biologico (un processo chiamato “inflammaging”) e allo sviluppo di patologie legate all’età, tra cui i tumori, le malattie cardiovascolari, il diabete e il decadimento cognitivo. La protezione contro i fenomeni infiammatori garantita dallo “zafferano delle Indie” potrebbe quindi contribuire, almeno in parte, alla prevenzione di questi fenomeni.
Più nello specifico, la curcumina agisce attraverso meccanismi che sono stati studiati in modo approfondito e che ne fanno un rimedio fitoterapico sicuramente non “campato per aria”, con alla base solide dimostrazioni scientifiche delle modalità di azione.
Potente antiossidante
Nella lotta contro lo stress ossidativo, la curcumina è un’arma a doppio taglio: se da una parte previene la formazione di nuovi radicali liberi, dall’altra è in grado di neutralizzare quelli già presenti, una duplice attività che la rende superiore a vitamine storicamente considerate antiossidanti come la vitamina C, la vitamina E ed il beta-carotene. Questa proprietà viene espletata attraverso il coinvolgimento della via cellulare Nfr2, un sistema di difesa che le cellule mettono in atto per aumentare l’espressione di molecole antiossidanti quando si sentono in pericolo.
Antinfiammatoria
In questo caso il meccanismo di azione è il blocco di una molecola chiamata NF-κB, un fattore chiave nei processi infiammatori perché alla base della produzione della maggior parte delle molecole pro-infiammatorie, le citochine, e della maggior parte delle vie biochimiche che sottendono l’infiammazione.
Regolatrice del metabolismo
Il primo studio sulla curcumina risale agli anni ’70 e dimostra proprio gli effetti benefici della curcumina sul colesterolo (riduzione del colesterolo totale e “cattivo”, o LDL, e aumento del “colesterolo buono”, o HDL), poi confermati anche da ricerche successive. La curcumina mostra inoltre un effetto ipoglicemizzante ed è protettiva e allo stesso tempo stimolatrice delle cellule Beta del pancreas, quelle che rilasciano l’insulina. Tutto questo ha effetti benefici sia sul sistema cardiovascolare sia nei soggetti diabetici o con sindrome metabolica.
Antitumorale
In modo aspecifico, i derivati della curcumina esercitano un effetto antitumorale prevenendo e riducendo i fenomeni infiammatori. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato anche azioni sul ciclo cellulare, sui meccanismi di morte cellulare e sulla regolazione generale della stabilità dei geni che sarebbero alla base di un meccanismo antitumorale più specifico. Ad esempio, la curcumina riduce l’attività delle cicline D1 ed E, responsabili dell’avanzamento del ciclo cellulare, e aumenta i livelli di p53, il “poliziotto delle cellule”, che tiene tutto sotto controllo e agisce ogni volta che percepisce un allarme (mutazione genetica, attacchi esterni, ecc.), prevenendo quindi la trasformazione e l’eccessiva proliferazione cellulare ancora prima che si sviluppi una patologia oncologica. In chi ha già un tumore, invece, il “pigmento d’oro” attiva l’enzima caspasi-3, che fa andare le cellule (incluse quelle tumorali) incontro a una morte programmata, inibisce alcuni fattori coinvolti nel processo di metastatizzazione e riduce l’attività dell’ornitina decarbossilasi, un enzima che aumenta la sintesi di poliammine, proteine coinvolte nella proliferazione e sopravvivenza cellulare e particolarmente abbondanti delle cellule tumorali. Sempre in campo oncologico, la curcuma contribuirebbe anche ad alleviare gli effetti collaterali di chemio- e radioterapia, se non a potenziarne l’efficacia.
Neuroprotettiva
Nell’ambito delle malattie neurodegenerative, la protagonista è in realtà la tetraidrocurcumina, un metabolita della curcumina che sembrerebbe ridurre lo stress ossidativo, la neuroinfiammazione e i processi di morte cellulare (o apoptosi) nei neuroni. Previene inoltre l’aggregazione della beta-amiloide, le cui placche sono responsabili della degenerazione tipica dell’Alzheimer, e aumenta i livelli di fattori neurotrofici (come il BDNF, Brain-derived neutrophic factor), che mantengono e stimolano i neuroni e la loro proliferazione. Il suo effetto protettivo nei confronti del sistema cardiovascolare contribuirebbe inoltre a mantenere un buon flusso sanguigno cerebrale, prevenendo anche le forme di demenza legate a danni neurovascolari.
Contro l’insonnia
Se l’insonnia è spesso uno scomodo compagno di viaggio della terza età, a chi conta le pecore rigirandosi nel letto farà piacere sapere che la curcuma è stata anche utilizzata contro i disturbi del sonno. Le sue proprietà immunomodulanti, infatti, sembrano avere delle conseguenze positive anche sulla qualità del sonno (aumento della durata totale e riduzione dei risvegli) e, allo stesso tempo, riducono le conseguenze sul sistema immunitario nei soggetti che dormono poco e male. Il legame tra sonno e sistema immunitario è infatti più stretto di quando si possa pensare e soprattutto è bidirezionale. Durante il sonno vengono prodotte più citochine infiammatorie con il compito di preparare l’organismo a eventuali attacchi, cosicché i disturbi del sonno, a lungo andare, possono indebolire le nostre difese, prontamente ricostituite dalla supplementazione di curcuma. D’altro canto, un sistema immunitario troppo attivo mina la qualità del sonno, ma anche in questo caso può essere modulato dall’assunzione della spezia dorata.
Opinioni contrastanti
Proprio perché la curcuma sta diventando sempre più famosa come rimedio naturale anche nella nostra cultura, negli ultimi anni i ricercatori hanno tentato di fornire solidità scientifica alle sue proprietà, spesso organizzando studi clinici ben strutturati che potessero confermarne l’efficacia. Come spesso accade quando una nuova sostanza fa il suo ingresso in medicina, le opinioni in merito sono parecchio contrastanti e per la curcuma in modo particolare. Se da una parte alcuni studi la elevano a vera e propria panacea del nostro organismo (alcuni autori l’hanno addirittura ribattezzata “curAcumina”), altri hanno letteralmente smontato il grande entusiasmo che circonda questa spezia, portando come prove la bassa biodisponibilità della molecola, dovuta a scarso assorbimento per via orale, rapido metabolismo e rapida eliminazione con le feci, la variabilità della purezza e la sua marcata instabilità chimica, che la porterebbe a una rapida degradazione. Non solo il percorso attraverso il tratto gastrointestinale, ma anche le modalità di conservazione e la cottura prima dell’assunzione potrebbero influenzarne l’integrità. Oltre al calore, i principi attivi presenti nella curcuma sono infatti molto sensibili alla luce e pH particolarmente acidi. Per questi motivi, uno studio ha persino bollato la curcuma come PAIN (Pan-Assay Interfering Compound), cioè composto in grado di interferire con molti test di laboratorio causando falsi risultati, e IMP (Invalid Metabolic Panacea), in altre parole panacea completamente inutile, commettendo un vero e proprio scempio della sua reputazione.
Allo stato attuale, l’evidenza scientifica non è ancora sufficiente per raccomandare l’uso della curcuma come agente terapeutico propriamente detto, anche perché molti studi sono stati condotti solo su animali e quelli su umani spesso presentano una casistica non sufficientemente ampia per dimostrazioni solide. Tuttavia, la curcuma sembra promettere molto bene e sarà necessario solo un pizzico in più (per rimanere in tema di spezie) di evidenza scientifica per confermarne i benefici.
Consigli utili
Data la scarsa biodisponibilità della curcumina, esistono alcuni accorgimenti per favorirne l’assimilazione e beneficiare delle sue proprietà. Tra i principali consigli vi sono quello di abbinarla al pepe nero e all’olio di oliva, ad esempio quando usata come condimento. La piperina del primo, infatti, inibisce la glucuronidazione della curcumina nel fegato e nell’intestino, un processo di trasformazione chimica che l’organismo usa per disfarsi dei composti estranei ma che, nel caso della curcumina, la rende presto meno disponibile. L’olio (e in generale tutti i grassi), invece, ne favorisce l’assorbimento aumentandone la solubilità, dal momento che la curcumina è una molecola idrofoba (che non ama l’acqua). Non a caso, una tipica bevanda ayurvedica è l’ormai noto “golden milk” (letteralmente latte dorato), a base di latte (che contiene grassi), curcuma, pepe nero (che contiene piperina) e un po’ di miele per addolcire il tutto. Niente male come terapia!
Effetti avversi
La maggior parte degli studi sugli effetti collaterali dei prodotti contenenti curcuma non ha fatto emergere un rischio particolarmente alto, se si escludono alcune manifestazioni gastrointestinali come gonfiore addominale e danni alla mucosa intestinale riferiti da alcuni pazienti che stavano assumendo la curcuma insieme alla chemioterapia. In generale, sembra che la curcuma sia sicura anche ad alte dosi e anche quando somministrata per via endovenosa. L’FDA (Food and Drug Administration) ne consente l’uso fino a 8 grammi al giorno. Non c’è evidenza che i derivati della curcuma causino mutazioni genetiche né che abbiano particolari controindicazioni durante la gravidanza, almeno da quanto emerge da studi su animali che devono però essere confermati anche nell’essere umano.
In realtà, alcuni autori, tra cui un gruppo toscano, hanno riportato alcuni casi di epatite acuta associati all’assunzione di curcuma all’interno di rimedi fitoterapici e integratori alimentari, con tempi di latenza fino a quattro mesi e danno prevalentemente agli epatociti, le cellule del tessuto epatico. Dal momento che la curcuma non viene quasi mai assunta da sola ma spesso abbinata ad altri composti fitoterapici, non è ancora ben chiaro se gli effetti dannosi siano dovuti a questa spezia oppure ad altri ingredienti dei preparati, ad esempio il pepe nero, spesso abbinato alla curcuma per aumentarne la biodisponibilità. Un’altra ipotesi è la contaminazione degli integratori da parte di tossine, che sarebbero le vere responsabili dei danni al fegato invece della curcuma. Quest’ultima, però, essendo l’ingrediente principale, risulterebbe la prima causa associata all’epatite acuta dal punto di vista statistico. Anche in questo caso non esiste una risposta definitiva e sono necessari ulteriori studi per fare chiarezza sul tema.

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