Chi è l’anziano? Questo l’argomento trattato nell’articolo, che originerà certo una serie di suggestioni e spunti di riflessione.
La prima immagine che immediatamente compare nella mia mente è riferita al brano di Guccini “Il vecchio e il bambino” (Guccini, 1972). Un anziano porta un bambino su di una collina e fa vedere al piccolo il paesaggio all’orizzonte, dove un sole coperto da smog e polveri rosse è contornato da ciminiere di fabbriche, da cui esce fumo nero e inquinante.
Il vecchio racconta al bambino com’era il mondo quando lui era piccolo, facendo del paesaggio il vero protagonista della canzone, e il fanciullo lo ascolta incantato, credendo che l’intero racconto sia frutto di fantasia…l’anziano sta narrando una meravigliosa fiaba.
L’anziano è colui che ha vissuto, può raccontare, può narrare mondi e vite lontane agli occhi di un bimbo.

Essere anziani: uno sguardo ai dati epidemiologici

Chi è l’anziano secondo la scienza? Quando ci si può considerare vecchi? E da quale prospettiva, punto di vista? L’aspettativa di vita alla nascita riflette l’andamento della mortalità per ogni causa sulla popolazione mondiale e nel 2008 era stimata a 68 anni, con una variabilità dai 57 anni per i Paesi a basso reddito (53 anni in Africa), sino agli 80 anni dei Paesi ad alto reddito (WHO, 2020).
Come si può intuire, questo condiziona anche l’immagine sociale della persona anziana, che vede nei Paesi industrializzati alzarsi sempre più l’asticella, considerando la piena produttività di molte persone over 60. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS; World Health Organizaton-WHO) definisce i 65 anni come età di passaggio alla condizione di “anziano”, mentre le Nazioni Unite (United Nation, UN) si collocano sui 60 anni, considerando aree geografiche svantaggiate per bassa aspettativa di vita alla nascita (WHO, 2002).
Entro il 2050 l’OMS stima che circa una persona su sei avrà più di 65 anni (16%), laddove nel 2019 il dato si assestava intorno a una persona su undici (9%). Nel 2018, il numero di soggetti definiti anziani (over 65), per la prima volta nella storia, ha superato il numero di bambini di età inferiore ai 5 anni (U.N. United Nation, 2020). Nel 2050, l’80% della popolazione mondiale vivrà nei Paesi a basso-medio reddito, considerando come il ritmo di invecchiamento della popolazione sia a oggi più incalzante che in passato (WHO, 2018).

L’ ISTAT fornisce una fotografia dell’invecchiamento nella nostra realtà italiana, che rispecchia l’andamento generale: nel 2019 gli individui residenti nel Paese over 65 ammontavano a 13,8 milioni, pari al 22,8% della popolazione, considerando che negli anni sessanta si assestavano su soli 4,6 milioni (9,3%). In Italia la questione dell’aging emerge negli anni Settanta, quando le nascite hanno subito un rallentamento tale da non garantire più il cosiddetto “rimpiazzo generazionale” (almeno due figli per donna) (ISTAT, 2020). Anche l’ISTAT conviene che l’invecchiamento sia rappresentato dalla quota percentuale di soggetti over 65, ma dal momento che si tratta di persone ancora in piena attività, la soglia di ingresso nella cosiddetta terza età tende progressivamente a spostarsi in avanti.
In occasione del 63° Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) che si è tenuto a Roma alla fine di novembre del 2018, è stata data una nuova definizione dinamica di anzianità (soglia da 65 a 75 anni), più confacente alle attuali performance fisiche e mentali, alla situazione demografica della popolazione italiana e, in generale, alle condizioni psicofisiche dei soggetti appartenenti a Paesi ad alto reddito. Per l’allungamento medio della speranza di vita alla nascita (in Italia 85 anni per le donne e 82 per gli uomini) è stata creata una nuova categoria di anzianità, dividendo le persone con più di 65 anni tra chi appartiene alla terza età (condizionata da buone condizioni di salute, inserimento sociale e disponibilità di risorse) e alla quarta età (caratterizzata da dipendenza da altri e decadimento fisico) (SIGG, 2018).

Peraltro, sulla base del concetto di counter-aging (svecchiamento) in realtà si sostiene che le società moderne stiano complessivamente diventando più giovani, benché “anagraficamente” vecchie. Si vive più a lungo e meglio, pertanto ciò significa che le capacità fisiche e intellettuali del capitale umano in termini globali aumentano (ISTAT, 2020).

L’età è  un concetto ampio, che può essere categorizzato in termini cronologici, biologici, nonché psicologici, ovvero basati su come le persone agiscono e si sentono. Per esempio, un ottantenne che lavora, fa progetti, si concentra sul futuro e partecipa a molte attività è considerato psicologicamente giovane.
L’invecchiamento rappresenta dunque sia una sfida sia un’opportunità, aumentando la richiesta di cure primarie e a lungo termine, richiedendo inoltre di intensificare su scala globale le strategie di formazione del personale dedicato e di ridefinizione degli ambienti, affinché possano essere maggiormente age-friendly (WHO, 2018).

Quattro persone su dieci considerano la vecchiaia un concetto attribuibile al soggetto over 80: mera illusione o visione realistica di una terza età che non ha più il bastone? Ritenere “vecchio” un 65enne a oggi risulta anacronistico, in quanto ricalca una condizione di benessere comparabile a un 55enne di una quarantina di anni fa.
Uno studio condotto dalla Università di Göteborg ha messo in luce come un 70enne di oggi sia cognitivamente più performante di un coetaneo di 30 anni fa, probabilmente perché la vecchiaia in epoca attuale consente di fruire di maggiori opportunità, stimoli, cultura e attività del passato (SIGG, 2018).

 

DEFINIZIONE DI ANZIANO

Nella cultura e nella religione

Il concetto di vecchiaia è trattato ampiamente sia dalla filosofia sia dalla psicologia, accompagnando con un dubbio amletico la questione: “Chi è l’anziano?”
È possibile oggettivare il concetto di “vecchio”, indipendentemente dal percepito e dalle aspettative sociali, oppure l’invecchiamento è un costrutto relativo, così che l’essere umano è anziano solo in riferimento a prospettive e criteri culturali? (Overall, 2016).
Nella cultura giudaica la vecchiaia è ambivalente. Da un lato, prima dell’affermazione della visione escatologica, non era contemplata una vita dopo la morte, ma l’uomo ritornava alla terra. L’uomo benedetto e giusto è colui che si congeda dalla vita ” con ‘felice canizie e sazio di giorni’ ” (Gen. 25,8). L’anziano è colui, non tanto che muore, ma colui che ha portato a compimento la vita. Dio stesso si presenta a Daniele come un vegliardo con capelli candidi come la lana.
L’Antico Testamento però ne ricorda anche la dimensione fisica come nel Qoelet, dove non sempre la vecchiaia è sinonimo di sapienza o benedizione. Questo aspetto è pienamente colto nella leggenda popolare europea dell’Ebreo Errante, figura mitologica che, per aver schernito Gesù in croce, fu condannato a vivere in eterno e a essere vagabondo, obbligato a vivere per sempre con la sua colpa (un richiamo alla fine di Caino).
Nella cristianità l’anziano è il saggio, che riveste una posizione di responsabilità e autorità nel gruppo, nonché di ruolo riconosciuto nel servire la Chiesa e amministrare i Sacramenti. Il vecchio è colui che ha il dono dell’età e dell’esperienza (Gutmann, 1997), il kalòs géron (bel vecchio) Omerico della cultura greca antica, la senectus dell’antica Roma. Nel Medioevo l’anziano inizia a perdere di mordente e autorità come pater familias, seppur ritrovi rinnovato spirito nell’ambito ecclesiastico e durante la crisi demografica del 1348, minata da epidemie di peste che, secondo alcuni cronisti dell’epoca, colpirono soprattutto bambini e giovani adulti.
Per Carl Gustav Jung il puer è un archetipo parallelo a quello del bambino interiore (Sharp, 1991). L’antitesi del puer è il senex, l’uomo anziano, associato quindi al dio Crono, rappresentante del tempo che scorre inesorabile. Se il Senex non vuol cambiare, il Puer è incapace di cambiare; se il Senex è sordo, il Puer non vuol sentire.

Nella lingua italiana

La definizione di anziano vede venirci incontro il dizionario Treccani, che dirime la questione iniziando con un excursus storico, e ponendo la “non questione” solo in tempi recenti. Infatti il “problema” dell’anziano nasce nel XX secolo, quando negli Stati Uniti furono pubblicati i primi lavori di “geriatria”, aventi per tema lo studio biomedico e sociale della vecchiaia.
Dunque la vecchiaia viene inquadrata da due punti di vista, ovvero quello legato all’invecchiamento individuale e biologico (senescenza) e quello relativo alla popolazione generale e alla sua progressione verso l’età avanzata. In questi termini ci riferiamo sia all’incremento del numero delle persone anziane, sia della loro proporzione nei confronti degli altri gruppi di età (Treccani, 2020).

Nella lingua inglese

Nella lingua inglese l’invecchiamento (verb: age; aged; aging or ageing) assume una connotazione interessante, perché rispecchia sia il processo in divenire, accompagnato dagli effetti e caratteristiche proprie dell’avanzare dell’età, sia l’acquisizione di una qualità desiderabile (come dolcezza o maturazione) (Merriam-Webster, 2020)

Per concludere

I diversi punti di vista mettono in luce divergenti prospettive, ovvero una visione sempre meno volta al futuro e protesa al passato, oppure una fase dove l’individuo ha vissuto abbastanza per potersi volgere indietro e avere un’immagine completa e piena della vita.
Si delineano due potenziali strade tracciate, ovvero il vivere a lungo e appieno senza ancora sentirsi anziano, né cronologicamente né biologicamente, oppure vivere un tempo molto lungo, senza aver avuto abbastanza opportunità d’istruzione, sostegno sociale, tali da aver potuto saggiare una vita piena (Overall, 2016).
Negli ultimi decenni si è discusso ampiamente riguardo al concetto di successful ageing, nel cercare di darne definizione e stabilirne le determinanti critiche. A oggi non c’è ancora una linea condivisa di consenso, anche in termini di assessment, misurazione, del fenomeno stesso. Si conviene certamente che sia necessario superare una visione legata esclusivamente alla dimensione fisica dell’essere, muovendosi verso un approccio multidimensionale, che abbracci la sfera psicologica, adattiva, di resilienza e spiritualità dell’individuo (Young, Frick, & Phelan, 2009). La possibile stima di un processo di invecchiamento di successo potrebbe appoggiare su strumenti validati di misurazione che consentano di rilevare l’impatto dei relativi fattori intervenienti (sfera fisica, psicologica e sociale).
Una costante attenzione alla stima di tutti i fattori che giocano un ruolo fondamentale nel processo di maturazione rappresenta uno step essenziale per continuare a studiare il fenomeno ageing.

 

Bibliografia

 

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