Quel fine tremore…

Venerdì 19 luglio 1996, Atlanta (Stati Uniti). È pomeriggio inoltrato e si sta per concludere, dopo quattro interminabili ore, lo show di apertura delle XXVI Olimpiadi. Milioni di persone in tutto il mondo, improvvisamente, ammutolirono quando la luce della torcia olimpica illuminò il volto dell’ultimo tedoforo: un uomo tremolante (il suo nome fu tenuto segreto fino all’ultimo), gonfio, con le gambe che a fatica riescono a staccarsi dal pavimento: è Mohammad Ali. Ecco, in quel momento il più grande pugile di tutti i tempi, che di anni ne aveva 54 e da dieci lottava contro il Parkinson, con quel suo dignitoso tremore abbracciava idealmente milioni di ammalati in tutto il mondo, sfatava un implicito tabù e li invitava ad accettare la loro sfida quotidiana.

La malattia presa a pugni

Questa immagine, scolpita nella memoria di intere generazioni, simbolo al contempo di debolezza e forza e dignità, ci porta a chiedere: il tremore è sempre sinonimo di Parkinson? La risposta è no. È comune che in età avanzata si possa notare la comparsa di un fine tremore alle mani, movimento involontario che può rendere difficili alcune attività quotidiane o addirittura limitare le uscite in compagnia, come per nascondere ai più una situazione d’imbarazzo o di vergogna (anche se spesso questi tremori sono talmente minimi che neppure si percepiscono a occhio nudo…).

Ma quindi, esistono più tipologie di tremori?  In quali casi questo tremore può essere associato solamente all’età e quando invece è un campanello d’allarme da non ignorare? Ci sono terapie che rendono questo disturbo meno invalidante? Scopriamolo insieme nelle prossime righe.

Quando ci si deve preoccupare?

La maggior parte dei tremori che compaiono negli anziani sono considerati “fisiologici”, ma attenzione: l’età può portare a sottostimare alcuni sintomi che possono essere il primo campanello d’allarme di patologie neurodegenerative. La Malattia di Parkinson – una fra le patologie neurodegenerative più frequenti nella popolazione e anch’essa correlata con l’età – necessita di maggiore considerazione, soprattutto se al tremore si accompagnano altri segnali, che vedremo più avanti.

Molte volte si tratta di “tremore essenziale”, termine che descrive un’entità benigna, in genere non evolutiva, caratterizzata appunto dalla comparsa di tremore durante i movimenti volontari o quando si cerca di mantenere una posizione contro la forza di gravità. Spesso gli anziani riferiscono che questo tremore rende loro difficoltoso portare una tazzina alla bocca, servire il caffè agli amici o scrivere anche soltanto poche righe. Questo tremore comunque, non è “esclusivo” degli anziani, ma colpisce anche persone più giovani, e sembra derivare da una lieve disfunzione cerebellare (il cervelletto è una struttura formata da due emisferi all’interno dei quali sono presenti più del 50% dei neuroni contenuti nel cervello, che servono per controllare diverse funzioni associate al movimento, come la postura e l’equilibrio, ndr).

Esiste, invece, un tremore esclusivo degli anziani? Probabilmente sì. Negli ultimi anni, nuovi dati derivanti da studi clinici e neuroradiologici stanno facendo emergere il cosiddetto “tremore correlato all’invecchiamento”, che si è visto essere esclusivo delle persone anziane, e che, purtroppo, ne aumenta la fragilità.

 Tremore “benigno” oppure altro?

Torniamo per un attimo ad Atlanta, a Mohammad Ali, che quel giorno, oltre a dimostrare di essere stato il più grande sul ring, dimostrò di esserlo anche fuori. E che, da quel momento diventò “ambasciatore”, della Malattia di Parkinson (Neurology, la più importante rivista scientifica nel campo della neurologia, nel 2006 gli dedicò la copertina). Se fu facile vedere quel tremore e ricordarsi dei suoi colpi “invisibili” e micidiali, fu altrettanto evidente e doloroso osservare la sua incapacità, sul tappeto olimpico, di compiere un passo avanti, lui che fra le corde “volava come una farfalla e pungeva come un’ape”.

Ecco: se può capitare di osservare su noi stessi un po’ di tremore alle mani, che non tende a peggiorare, molto spesso è un fenomeno cui dobbiamo dare poco peso. Ma attenzione, non sempre è così, soprattutto se al tremore sono associati sintomi e segni che potrebbero indicare qualche cosa di più. Vediamoli, questi segni:

  • Perdita di olfatto (e già, l’infezione da Covid-19 non è l’unica causa di perdita di olfatto possibile…);

  • disturbi del sonno, soprattutto agitazione notturna e sogni molto vividi (il vostro partner vi dice che avete iniziato a muovervi nel sonno?);

  • stipsi di nuovo riscontro;

  • rallentamento nel movimento. Vi sentite più lenti nel compiere certi consueti movimenti quotidiani? Vi sembra che la vostra parola sia un po’ rallentata?

  • Difficoltà nel camminare. Per andare in edicola ci mettete il doppio del tempo? Vi sembra che i piedi siano incollati al pavimento? O che il vostro passo si sia ridotto di ampiezza?

In tutti questi casi, allora, il consiglio è soltanto uno: parlarne con il proprio medico di famiglia, che valuterà se è il caso di rivolgersi a uno specialista neurologo. Sarà lui, poi, a decidere se i sintomi lamentati necessitano di un ulteriore controllo approfondito. Non abbiate timore: oggi in Italia circa 300mila persone sono affette da Parkinson e quasi 6 milioni ne soffrono in tutto il mondo. Numeri grandissimi, ma che si stima – in seguito all’aumento della vita media e all’invecchiamento globale della popolazione – siano destinati a raddoppiare entro i prossimi 15 anni. Come fece Ali, occorre affrontare con coraggio, ogni giorno, la propria malattia, guardandola negli occhi e infliggendole un KO tecnico.

Se il Parkinson ti confonde

I sintomi descritti sono soltanto alcuni fra quelli che si possono osservare nella malattia di Parkinson, che ha tanti “imitatori”. Oltre ai tremori, infatti, ci sono altre cause – chiaramente non degenerative – che possono provocare sintomi simili. Un esempio fra tutti: i farmaci. Avreste mai pensato che alcuni medicinali che si usano comunemente per il trattamento di sindromi gastrointestinali – se assunti per lunghi periodi – possono far comparire sintomi simili alla malattia di Parkinson? È quindi importante valutare tutti questi fattori con il medico per adottare comportamenti corretti, eseguire accertamenti di secondo livello solo se davvero necessari, e mettere in atto trattamenti farmacologici e non farmacologici per migliorare i disturbi.

Prendiamoci cura del nostro tremore

Di per sé, nessun tremore rappresenta un vero e proprio pericolo per la vita del paziente, ma ciò non significa che, pur nelle sue forme benigne, non possa rendere difficoltosa l’esecuzione di gesti semplici, diventando invalidante. A maggior ragione, se il tremore è sintomo della Malattia di Parkinson è meritevole di avvio di terapia mirata e di monitoraggio neurologico periodico. Ma esistono farmaci, allora? La risposta, questa volta, è sì.

Esistono farmaci sia per i tremori considerati “benigni”, sia per il tremore associato al Parkinson. 

Tutto questo non basta, però. Oltre alle terapie mediche – diverse a seconda della causa del sintomo – ci sono indicazioni comportamentali che si possono suggerire a tutti i pazienti. Per esempio: non avete mai notato che se siete agitati il vostro tremore aumenta? O che nei giorni di stress peggiora? Oppure che è sufficiente essere in una posizione scomoda perché il sintomo si accentui? E se avete bevuto troppo caffe? La risposta è sicuramente sì a tutte queste domande, perché le condizioni di difficoltà, ansia o stress psicofisico peggiorano tutti i tipi di tremore.

Ora sappiamo qualche cosa in più sui tremori, ora conosciamo forse un po’ meglio come muoverci e quando. E un grazie lo dobbiamo alle migliaia di ricercatori e medici che ogni giorno, in tutto il  mondo, si dedicano alla cura del Parkinson. Ma certamente lo dobbiamo anche a Mohammad Ali, The Greatest, che ad Atlanta dimostrò con il suo corpo che esistono cose in grado di far battere un cuore per qualcosa che non sia soltanto la paura.

A cura di Fabiola De Marchi

 

Bibliografia

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