Il digiuno intermittente è in una strategia alimentare che struttura le giornate in periodi in cui si può mangiare e altri in cui si deve digiunare. Come ogni altra proposta riguardante lo stile alimentare, ha i suoi pro e i suoi contro. Ecco cosa dice la scienza

Chi non ha mai pronunciato la frase: “Devo mettermi a dieta”? Probabilmente pochissimi, così come pochi sono coloro i quali non ne hanno seguito una, almeno una volta nella vita, sovente senza una precisa indicazione da parte del medico.

Negli ultimi decenni è infatti cresciuto esponenzialmente il numero delle “diete alla moda” che godono di un successo temporaneo e che promettono di raggiungere in poco tempo risultati eclatanti, come la rapida perdita di peso, l’aumento della massa muscolare e il miglioramento della qualità della vita in generale. Promesse che, però, raramente vengono mantenute, quantomeno nel lungo termine.

Avventurandosi nel complesso mondo delle diete, è possibile trovare quelle che consigliano cosa mangiare, altre che impongono cosa non mangiare e addirittura quella del digiuno intermittente.

Quest’ultimo consiste in una strategia alimentare che struttura le giornate in periodi in cui si può mangiare e altri in cui si deve digiunare. Come ogni altra proposta riguardante lo stile alimentare, ha i suoi pro e i suoi contro, per quanto riguarda facilità d’uso, efficacia, effetto sulla massa muscolare e su quella adiposa.

Una domanda sorge quindi spontanea: il digiuno intermittente può essere considerato solo una moda passeggera o ha davvero dei reali benefici sulla salute? Si tratta di un quesito che negli ultimi anni si sono posti anche numerosi ricercatori, i quali hanno intensificato i propri studi su tale strategia alimentare.

 

Un po’ di storia

I periodi di astinenza volontaria dal cibo e dalle bevande (quello che oggi chiamiamo appunto “digiuno intermittente”) sono stati praticati fin dall’antichità dai popoli di tutto il mondo. Gli studiosi di etnologia e religioni contano una notevole varietà di forme e pratiche di digiuno, alcune delle quali sono sopravvissute nel tempo e sono tuttora molto note, come la Quaresima o il Ramadan.

Il rinnovato interesse per i regimi di digiuno è evidenziato da una massa di pubblicazioni sulla stampa popolare e da raccomandazioni dietetiche. La prima pubblicazione di successo è datata 2013, con un libro best-seller intitolato “The Fast Diet“. Da allora, decine di libri promuovono vari modelli dietetici di digiuno e il web offre centinaia di siti relativi al digiuno. Tuttavia, le prove scientifiche dei benefici per la salute del digiuno intermittente nell’uomo sono spesso estrapolate da studi su animali, oppure sulla base di dati osservazionali del digiuno religioso, o ancora derivate da studi sperimentali con campioni di dimensioni modeste.

 

Come si fa una dieta intermittente?

Esistono diversi modi per praticare il digiuno intermittente, che comportano tutti la suddivisione del giorno o della settimana in periodi di alimentazione e di digiuno, in cui si mangia poco o niente. Questi sono i metodi più popolari:

  • Metodo 16:8: prevede di saltare la colazione e di concentrare l’intero apporto calorico giornaliero in un periodo di 8 ore, ad esempio dalle 13:00 alle 21:00, dopo il quale si digiuna per 16 ore.
  • Metodo Eat-Stop-Eat: comporta il digiuno per 24 ore, una o due volte alla settimana, ad esempio non mangiando a partire dall’ora di cena di un giorno fino all’ora di cena del giorno successivo.
  • Metodo 5:2: con questo metodo, bisogna assumere solo 500-600 calorie in due giorni non consecutivi della settimana, ma si mangia normalmente negli altri 5 giorni.
  • Metodo del digiuno a giorni alterni
    Esistono diverse versioni di questo metodo, di cui il più comune prevede l’assunzione di circa 500 calorie durante i giorni di digiuno. Tuttavia, uno studio ha dimostrato che il digiuno a giorni alterni non è molto più efficace nel produrre la perdita di peso o il mantenimento del peso rispetto a una tipica dieta ipocalorica. Con un digiuno completo a giorni alterni, si rischia di andare a dormire molto affamati per più volte la settimana, il che non è ovviamente piacevole e soprattutto può rendere insostenibile il mantenimento di questo regime, che viene percepito come troppo rigido e abbandonato dopo poco tempo.

È ovvio che, indipendentemente dal metodo scelto, nei giorni liberi non si devono assumere più calorie per compensare quelle non introdotte precedentemente.
Molte persone trovano che il metodo 16:8 sia il più semplice, sostenibile e facile da seguire e per questo motivo è attualmente il più popolare.

 

Come influisce questo regime alimentare sulle cellule e sugli ormoni che controllano il metabolismo?

Il digiuno sembra innescare diversi processi biochimici a livello sia cellulare che molecolare. Ad esempio, il corpo regola i livelli ormonali per rendere più accessibile il grasso corporeo immagazzinato. Le cellule avviano importanti processi di riparazione e modificano l’espressione dei geni. Ecco alcuni cambiamenti che si verificano nel corpo durante il digiuno:

  1. Ormone della crescita (GH): i livelli di ormone della crescita salgono alle stelle, aumentando fino a 5 volte, il che provoca benefici quanto a perdita di grasso e sintesi di tessuto muscolare.
  2. Insulina: la sensibilità all’insulina migliora e i livelli di insulina diminuiscono drasticamente, rendendo più facilmente degradabile il grasso corporeo.
  3. Riparazione cellulare: a digiuno, le cellule avviano processi di riparazione cellulare. Ciò include l’autofagia, in cui le cellule digeriscono e rimuovono le proteine vecchie e disfunzionali che si accumulano all’interno delle cellule.
  4. Espressione genica: ci sono cambiamenti nella funzione dei geni legati alla longevità e alla protezione contro le malattie.

 

Cosa dice la ricerca scientifica?

In questi ultimi anni la ricerca si è posta l’importante questione clinica e scientifica sulla possibilità che l’adozione di un regime di digiuno intermittente regolare possa essere una strategia fattibile e sostenibile per promuovere la salute metabolica. Le ricerche condotte hanno cercato di verificare se questi regimi possono integrare o sostituire la restrizione calorica tipica di una dieta tradizionale e, in tal caso, se permettono una gestione a lungo termine del peso corporeo.

Di seguito sono riportati i principali risultati scientifici.

  • Studi sui roditori supportano l’ipotesi che il digiuno intermittente migliori i profili metabolici e riduca il rischio di obesità e di condizioni ad essa correlate come la steatosi epatica non alcolica o malattie croniche come diabete e cancro.
  • Negli adulti sani, rispettivamente normopeso, sovrappeso o obesi, ci sono poche prove che i regimi di digiuno intermittente siano dannosi fisicamente o mentalmente (cioè in termini di umore).
  • Sulla base di soli 3 studi, sembra che il digiuno a giorni alterni determini una perdita di peso e una riduzione delle concentrazioni di glucosio e insulina. Tuttavia, questo schema potrebbe non essere pratico a causa della fame intensa nei giorni di digiuno.
  • La ricerca fino ad oggi non ha dimostrato che i regimi di digiuno a giorni alterni producano una perdita di peso superiore rispetto ai normali piani di perdita di peso a restrizione calorica continua.
  • Esistono notevoli dati osservativi su varie forme di digiuno religioso, la maggior parte dei quali suggerisce che questi regimi determinino una perdita di peso transitoria con impatti variabili su altri biomarcatori metabolici.
  • Mancano ancora dati sull’impatto del digiuno intermittente riguardo altri comportamenti di salute come la dieta nei giorni liberi, il sonno e l’attività fisica.
  • Ci sono infine pochi dati che collegano i regimi di digiuno intermittente con esiti clinici come diabete, malattie cardiovascolari, cancro o altre malattie croniche come l’Alzheimer o il Parkinson.

 

Conclusioni

I dati sui regimi di digiuno intermittente sembrano promettenti, ma sarebbe necessario condurre studi su campioni di popolazione molto più ampi. Al momento, sembra che il digiuno intermittente, più che per la perdita di peso, che può essere ottenuta con già collaudati regimi di restrizione calorica, possa essere utile per ridurre alcuni indici di rischio di malattie non trasmissibili (diabete, dislipidemie, ipertensione, infiammazione cronica, ecc) e per migliorare, in ultima analisi, la salute metabolica.

È infine opportuno ricordare che un regime alimentare va prescritto da un nutrizionista specializzato e quindi va assolutamente evitato il fai-da-te.

Riferimento bibliografico:

Patterson RE, et al. Intermittent Fasting and Human Metabolic Health. J Acad Nutr Diet. 2015 Aug;115(8):1203-12. doi: 10.1016/j.jand.2015.02.018.

 

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