Con l’età arrivano i dolori: spesso ritenuto un fenomeno inevitabile dovuto all’invecchiamento, l’esperienza di dolore cronico è complessa ed eterogenea, ma, soprattutto, può essere migliorata. A qualsiasi età

È tipico degli acciacchi dell’età: man mano che gli anni passano, arrivano, inesorabili, dolorini e doloretti. La cosa peggiore è che spesso il dolore si protrae e sembra essere destinato a non passare: quindi, inutile lamentarsi, nella persona anziana è normale… oppure no?

Il fenomeno del dolore è estremamente complesso: può avere numerose cause e può manifestarsi in molti modi. Tuttavia, un dolore che dura a lungo – per oltre tre mesi, per la precisione – e solitamente si protrae anche dopo che la causa che lo ha scatenato cessa non deve essere sottovalutato. Si chiama dolore cronico e non è qualcosa a cui ci si deve rassegnare, a nessuna età.

Il dolore cronico è un problema di salute di molti, ma soprattutto degli anziani: si calcola che tra il 50% e il 70% delle persone con più di 65 anni ne soffra. Tra le cause principali troviamo l’artrosi soprattutto, ma il dolore cronico può insorgere anche in seguito a un tumore o a un ictus, oppure in correlazione con patologie croniche come il diabete. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono le strategie per affrontarlo.

Cosa è il dolore

Purtroppo lo abbiamo tutti ben presente, ma definire a parole cosa sia il dolore non è facile, perché si tratta di un’esperienza estremamente personale e che ognuno di noi vive diversamente. Possiamo partire dalla definizione più usata in ambito medico e scientifico, quella dell’Associazione internazionale per lo studio sul dolore (IASP) che ci dice che: “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata o che sembra essere associata con un danno reale o potenziale dei tessuti”.

Quindi, si tratta di un’esperienza che racchiude al suo interno una molteplice natura: prima di tutto è sensoriale, perché, nella sua componente più basilare, il dolore funziona come uno dei cinque sensi. I neuroni predisposti a registrare gli stimoli dolorifici nel nostro corpo, infatti, detti neuroni nocicettivi, sono disseminati in tutto il nostro corpo e, proprio come quelli che si occupano di rilevare stimoli tattili o di temperatura, inviano i segnali, attraverso il midollo spinale, fino al cervello, che li rielabora e che genera la sensazione di dolore vera e propria.

Ma l’esperienza di dolore non è solo questa, le emozioni giocano un ruolo fondamentale ed è per questo che lo IASP parla di “esperienza sensoriale ed emotiva”. Del resto, sarà sicuramente capitato almeno una volta di provare più o meno dolore a seconda delle emozioni che la situazione in quel momento ci suscitava. Le emozioni e in generale il contesto in cui è immersa una persona si sono rivelate così importanti per la comprensione del dolore che da alcuni decenni, per descriverlo, ci si serve del modello bio-psico-sociale, in cui, oltre alla componente biologica di cellule – tessuti danneggiati e sistema nervoso – interviene nella percezione e nella regolazione del dolore anche la componente psicologica, culturale e sociale di ciascuna persona.

Tornando alla definizione dello IASP possiamo dire che, oltre a essere un’esperienza sensoriale ed emotiva, il dolore è spiacevole. Questo attributo del dolore non necessita di ulteriori chiarimenti: conosciamo fin troppo bene le sensazioni spiacevoli che si accompagnano a quest’esperienza. In realtà, è proprio il suo essere spiacevole che rende il dolore un meccanismo utile! Dobbiamo pensare al dolore come un campanello d’allarme che, se scatta, ci segnala che qualcosa non va all’interno del nostro corpo. E più precisamente, come dice la definizione dello IASP, che è presente un danno, che può essere reale, o potenziale. Anche questo è un passaggio delicato: a volte non tutto va come deve andare e il meccanismo del dolore può rimanere attivato anche dopo che il danno o la minaccia di danno sono passati. In questo caso si parla di dolore cronico.

Il dolore cronico

Il dolore viene definito cronico quando persiste per più di tre o sei mesi, perché tre mesi sono considerati un tempo sufficiente per guarire dal danno che ha lo ha causato. Tuttavia, l’esperienza di dolore, può protrarsi a causa di una malattia cronica, ma se il dolore continua anche quando la lesione o il danno fisico è guarito, c’è qualcosa che non va.

Riprendiamo il concetto del dolore come un campanello d’allarme: quando sperimentiamo il dolore cronico è come se l’allarme all’interno del nostro corpo continuasse a suonare anche quando ciò che lo ha attivato è cessato, e noi non riusciamo a spegnerlo in alcun modo. Si tratta di un malfunzionamento dell’intero sistema del dolore in tutte le componenti che abbiamo visto prima. Spesso può insorgere il processo detto di sensibilizzazione, che è responsabile di molte forme di dolore cronico: più la sensazione di dolore è prolungata, più il cervello diventa più bravo a riconoscere uno stimolo doloroso e a mandare l’allarme del dolore, anche quando non ce n’è bisogno, contribuendo al fenomeno dell’“allarme che non cessa”.

Adesso ho questo dolore da troppo tempo, non passerà mai”: spesso i pensieri riguardo il dolore cronico sono questi, ma in realtà non è assolutamente vero! Il dolore cronico, come tutte le esperienze di dolore, non dipende solo dai segnali del cervello (la componente biologica), ma anche da ciò che si prova, dal contesto sociale e culturale, dalle credenze che la persona ha sul dolore e anche dagli stessi comportamenti che si possono mettere in atto per fronteggiarlo. Comunicare la presenza del dolore può essere il primo passo per fare qualcosa al riguardo.

Dolore e anziani: un po’ di numeri

Come anticipato all’inizio dell’articolo, il dolore cronico è una delle condizioni di salute più comuni tra le persone anziane ed è spesso associato a disabilità, depressione e ansia. Esso influenza profondamente la capacità di svolgere le funzioni quotidiane e influisce negativamente sulla sfera emozionale e sulla qualità della vita in generale, specie negli anziani che presentano più di una patologia. Solitamente, in queste persone, la diagnosi del dolore cronico è difficile: la comunicazione medico-paziente può essere ridotta a causa di difficoltà neurologiche o cognitive (come può accadere in caso di dolore cronico in seguito a un ictus), ma anche perché i pazienti hanno la tendenza di ridurre al minimo i loro sintomi, ritenendo l’esperienza di dolore normale, inevitabile e dovuta all’età.

In effetti, è una credenza comune che il dolore cronico sia una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento, in quanto il dolore cronico ha un’alta prevalenza nella popolazione anziana, stimata in più della metà delle persone, con il 70% degli individui anziani che provano dolore in più parti del corpo. Sebbene, come già sottolineato, l’esperienza del dolore è estremamente eterogenea e sottende numerose cause di natura biologica, psicologica e sociale, ci sono condizioni di dolore cronico che colpiscono le persone anziane in misura maggiore. Tra queste:

  • Tutte le condizioni che colpiscono l’apparato muscolo-scheletrico, in particolare l’osteoartrosi. Si tratta della causa più comune di dolore cronico negli anziani: essa colpisce circa 4 milioni di persone in Italia, rappresentando da sola circa i 2/3 delle malattie osteoarticolari; tra le altre cause di dolore cronico, l’artrite reumatoide, la fibromialgia, la lombalgia cronica (mal di schiena), che colpisce circa il 30% degli anziani con dolore cronico
  • Cefalea, emicrania, algie facciali atipiche
  • Dolore neuropatico dei nervi periferici e centrali, e cioè il dolore che compare a seguito di un mal funzionamento del sistema del dolore nella sua componente biologica (la via che conduce dal midollo spinale al cervello)
  • Dolore cronico oncologico, che può essere dovuto alla malattia stessa o ai trattamenti chirurgici o radioterapici
  • Neuropatia diabetica e vascolare, che rappresenta una delle principali complicanze del diabete.

Cosa fare per il dolore cronico

È importante comunicare al medico di medicina generale, ed eventualmente a specialisti, la propria esperienza di dolore cronico, in quanto non solo incide significativamente sulla qualità della vita, ma rappresenta anche un fattore di rischio per la morte prematura e per il declino cognitivo: questo suggerisce potenziali meccanismi condivisi tra dolore e demenza. Il trattamento del dolore cronico negli anziani è complesso, ma è possibile: esso comporta un approccio multiforme, che includa interventi farmacologici, riabilitazione fisica e procedure interventistiche per interrompere il ciclo del dolore: per questo è fondamentale comunicare la propria esperienza di dolore cronico.
In conclusione, la ricerca sul dolore in quanto tale è solo agli inizi, e sono necessari studi futuri per apprezzare meglio la portata e l’impatto del dolore cronico negli anziani, per chiarire i meccanismi sottostanti del dolore con l’invecchiamento e far progredire opzioni di trattamento più sicure ed efficaci.

 

Fonti:

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